Prosa
DARLING (IPOTESI PER UN'ORESTEA)

Eschilo non si addice a Ricci/Forte

Eschilo non si addice a Ricci/Forte

A chi denigra Ricci/Forte dicendo sostenendo che fanno sempre lo stesso spettacolo, mal celando invidia per il loro successo internazionale e Italiano, Darling l'ultima loro fatica, è una risposta definitiva che dimostra, se mai ce ne sia stato il bisogno, l'infondatezza di questa accusa.

Abituati a degli spettacoli con pochi elementi di scena in Darling campeggia un parallelepipedo di metallo,  container/bungalow/casa (ideato da Francesco Ghisu) che, nel corso di tutto lo spettacolo, viene smantellato pezzo dopo pezzo lasciandone in vista solamente la struttura portante.
In scena Anna Gualdo, Giuseppe Sartori, Piersten Leirom e Gabriel Da Costa vivono dentro e cercano di uscire fuori dalla costruzione scenografica incarnando la metafora di una condizione esistenziale e culturale del popolo italiano costretto in un qui e ora afasico, privo di speranza.

Il rinnovamento di questa speranza, sembra suggerire lo spettacolo, sta nel tornare alla nostra natura umana priva di sovrastrutture.
Il discorso ispiratore di Darling è nientemeno che l'Orestea di Eschilo, uno dei testi chiave del teatro attico del IV sec., nella quale si sanziona alla cittadinanza, giunta a teatro per officiare un rito culturale e collettivo dal profondo senso politico, di sostituire  gli dei numinosi con un patto tra esseri umani come espressione della vita nella polis (da cui deriva il sostantivo politica) primo prodromo delle regole di quelli che, nei secoli, diverranno gli Stati Nazionali.

In questo passaggio Ricci/Forte individuano la criticità del nostro presente in uno Stato che decide, ma non dirime, che comanda, ma abbandona le persone.

Darling è un lungo (soprattutto nei tempi morti in cui vengono allestite le scene o indossati vari costumi), faticoso, farraginoso traghettamento da Eschilo alla nostra contemporaneità costruito con una sovrabbondanza pletorica di citazioni visive, letterarie, musicali di scarsissima leggibilità il cui scopo è quello di (di)mostrare il vitalismo primitivo che sarebbe la panacea umana al quale Ricci/Forte inneggiano.

Un ritorno alle origini per liberarci da uno Stato italiano prossimo al collasso e, più in generale, da una condizione umana di asservimento alla cultura (in senso antropologico) vista come orpello innaturale del quale disfarsi.

In alcuni momenti memorabili dello spettacolo vediamo i performer assumere la postura delle scimmie (in una male assimilata lezione darwininana) oppure liberarsi degli abiti, per inneggiare alla ludicità di una condizione pre-secolare dove la nudità (solo maschile) non è segno di erotismo quanto di innocenza, denunciando una forma di alienazione - più hegeliana che marxista – il cui assunto e le cui soluzioni spiazzano per la mancanza di una visione politica (nel senso di cui si è detto) e storico-economica  (niente materialismo storico).

La politica, fraintesa come sinonimo di partito, viene rifiutata in nome di una libertà primigenia cui il genere umano (ma Ricci/Forte dicono sessisticamente l'uomo) dovrebbe tornare perché la morte di dio ci ha illusi di essere iberi ma senza una guida, senza padri siamo spersi (come hanno dichiarato nell'intervista seguita allo spettacolo, registrata per Radiotre).

Si dimentica così che è nella nostra natura essere animali culturali.

Eschilo lo aveva capito.

Darling, presentato nell'ambito di RomaEuropa Festival in prima assoluta, e dunque ancora suscettibile di cambiamenti e messe a punto, per il momento si attesta come pastiche poco leggibile e che poco invoglia ad essere interpretato, nel quale però si impone la grandissima prova recitativa dei suoi performer.

Visto il 09-10-2014
al Eliseo di Roma (RM)