Lirica
DAS RHEINGOLD

Roma, teatro dell’Opera, “Das…

Roma, teatro dell’Opera, “Das…
Roma, teatro dell’Opera, “Das Rheingold” di Richard Wagner LA RAFFIGURAZIONE DEL MITO La presa di coscienza illuministica delle capacità dell’uomo e la fede totalmente romantica nei sentimenti sono alla base delle rivendicazioni ottocentesche che porteranno la maggior parte delle nazioni europee all’indipendenza dalla dominazione straniera o comunque alla formazione di una coscienza nazionale. E se il ruolo di Verdi è stato quello di spingere gli ideali del Risorgimento in una penisola divisa tra diversi stati, quello di Wagner è stato quello di contribuire a creare l’idea della nazione germanica, proponendo le saghe nordiche come patrimonio del popolo tedesco e facendo un modernissimo discorso psicologico sulla società a lui contemporanea. L’anello del Nibelungo costituisce una delle opere più straordinarie che siano mai state concepite, per le dimensioni grandiose (diciotto ore di musica divise in quattro opere), gli enormi organici richiesti e la complessa concezione filosofica che la ispira, segnando la piena affermazione dello stile e delle tecniche tipiche del linguaggio wagneriano, che si staccò totalmente dall’opera alla moda, di stampo italiano o francese. Wagner copiò la definizione di “musica assoluta”, in polemica contro l’opera asservita a logiche di mercato (per lui il teatro è un luogo mistico in cui si compie un rito cui assistere con una particolare concentrazione) e nella convinzione che musica e poesia fossero entrambe a servizio del dramma (lui fu sempre autore tanto della musica quanto del testo). L’oro del Reno è il prologo del ciclo, che poi si compone delle tre giornate di Valchiria, Sigfrido e Crepuscolo degli dei e propone la scomparsa delle forme chiuse a vantaggio di un discorso musicale aperto, senza ripetizioni né interruzioni. Le voci sono spesso trattate come strumenti, si mescolano a questi, non sempre hanno i temi principali che emergono dall’orchestra, il che richiede agli interpreti voci davvero potenti, in grado di non essere sommerse dal mare di suoni continui che proviene dal golfo mistico. Il nuovo allestimento dell’Opera di Roma è straordinario, bellissimo al punto da poter essere considerato epocale ed è firmato Pier’Alli, che ne ha curato regia, scene, costumi, luci e proiezioni video. Un allestimento fortemente simbolico, particolare perché la scenografia è basata sulla fusione di elementi scenici fissi e proiezioni di immagini generate dal computer in un clima che sconfina in continuazione tra teatro, cinema, mito, realtà, fiaba, mondo terreno ed ultraterreno, mostrando i toni deformati, allucinati, sognati della saga nordica. All’inizio sul prolungato, cupissimo, emozionante mi bemolle dell’overture, un buco nero, un vortice-occhio che si allarga fino a rivelare un gorgo che inghiotte tutto, mentre ottoni e tube vibrano di pessimismo. La musica si fa metafora cosmogonica e rappresenta i mondi terrestre, infraterrestre ed oltreterrestre parimenti oppressi dalla schiavitù dell’oro, dalla brama di possesso materiale, dal delirio di potere assoluto sul mondo. Ieri come oggi. Il motivo dell’anello e più in generale del cerchio ricorre in tutti gli atti, qui fusi senza intervalli: dal gorgo iniziale che svela il dipanarsi della storia al palazzo costruito dai giganti (una torre di Babele stile Metropolis di Fritz Lang), dalle volte concentriche del regno sotterraneo dei Nibelunghi al vero e proprio anello d’oro e di fuoco. Perfetti i costumi, tra fumetto, film muto e tanto altro, Fasolt e Fafner stile robot, il fiammeggiante Loge, le tre ondine, la terragna Erda, Freia e Fricka in stile principesse, Wotan dominatore del mondo, il nano guerriero medioevale, Donner armato di martello, il grigio Froh e il timoroso Mime. Affidabile il cast, che riunisce gli esperti Christian Franz (Loge), Ralf Lukas (Wotan) Hartmut Welker (Alberich), Hanna Schwarz (Erda) a Katja Lytting (Fricka) e Elisabete Matos (Freia), ai “nostri” Filippo Bettoschi (Donner), Cesare Ruta (Froh), Rosa Ricciotti, Sonia Zaramella e Antonella Trevisan (Woglinde, Wellgunde e Flosshilde). Will Humburg dirige con fasi alterne, si lascia ben seguire ma rimane qualche dubbio nella resa del Wagner titanico ed eroico, avendo a disposizione l’orchestra del teatro senza ricorrere a prestiti d’oltralpe. FRANCESCO RAPACCIONI Visto a Roma, teatro Costanzi, il 20 ottobre 2005
Visto il
al Teatro dell'Opera di Roma (RM)