La compagnia Mitipretese di Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti e Mariangeles Torres ha portato in scena, con la partecipazione di Julius Kaiser, Date le circostanze, un florilegio di testi scritti da donne che parlano del desiderio omoerotico al femminile e non solo.
Un omaggio sincero più che al lesbismo in senso stretto all'omoerotismo in generale. Accanto a testi narrativi e di poesia dedicati all'amore di donne per altre donne interpretati sul palcoscenico, infatti lo spettacolo presenta dei testi che scherzano con ironia a volte un po' grossier, sulla condizione dell'omosessualità, tanto maschile quanto femminile, nel recitare i quali le quattro attrici si rivolgono direttamente al pubblico, scendendo in platea, coinvolgendo anche uno spettatore in un dialogo immaginario tra un maschio etero e una donna lesbica.
Il florilegio è recitato con una classe e una statura attoriale (dall'emisione vocale che non abbisogna di microfono alcuno alla dizione perfetta) che incanta e fa rimpiangere i bei tempi in cui questo livello qualitativo era la norma e non la piacevole eccezione. Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti e Mariangeles Torres sono in scena con una confidenza del mestiere talmente potente e consapevole che l'autorevolezza che ne deriva nobilitare i testi che interpretano restituendone non solo tutto il potenziale emotivo ma, in alcuni casi, contribuendo anche a dar loro spessore.
I testi più interessanti sono quelli che costituiscono un racconto, che ripropongono un dialogo, un ricordo, che affermano una passione, mentre quelli di commento, quelli che ironizzano sulla condizione di omosessuali sono talvolta datati.
Così se icastica ed essenziale appare la precisazione di Jeannette Winterson io sono una scrittrice che per puro caso ama le donne non sono una lesbica che per puro caso fa la scrittrice contenuta nel suo La semiotica del sesso alcune delle battute degli altri testi sfiorano pericolosamente l'omofobia quando ironizzano con troppa disinvoltura (se siete lesbiche siete fortunate non dovete usare anticoncezionali o preoccuparvi di avere figli) che tradiscono, letti oggi, la visione vetusta e angusta di chi li ha scritti, beninteso, non certo di chi li ha scelti, ma che datano l'intenzione dello spettacolo a un periodo, e anche a una generazione, passata.
Tra autobiografismo (i rapporti tra made e figlia come nello splendido Perchè essere felici quando si può essere normali? di Jeannette Winterson) e tributo poetico all'amore per questa o quella donna (le deliziosa poesia di Patrizia Cavali La Guardiana e quella altrettanto toccante di Brenda Brooks Considerate le circostanze) i testi sono tutti incentrati sulla sfera personale del sentimento amoroso mentre su in quella pubblica ci si scontra e ci si nasconde o si viene allo scoperto con tanta fatica per una ostilità data per scontata e in fondo poco analizzata, circostanza che sembra costituire l'unica coordinata di un mondo vasto e variegato come quello lgbt che invece, oggi, forma famiglie, si sposa (all'estero) e i figli li fa (perchè le persone omosessuali non sono certo sterili) e se non può averne li adotta, proprio come le coppie formate da un uomo e una donna.
Manca ai testi del florilegio quella mappa concettuale contemporanea che ha ben chiara la differenza tra identità sessuale (se mi percepisco uomo o donna al di là del mio sesso di nascita) e orientamento sessuale (se mi piacciono cioè le persone del mio stesso sesso, dell'altro sesso ovvero di entrambi) tanto che uno dei testi proposti, ironizzando sul sessismo degli stereotipi di genere (quelle caratteristiche con le quali si pretende di distinguere caratterialmente uomini e donne) li presenta come differenze tra persone omosessuali ed etero secondo il vecchio cliché (anni 50) che vedeva in un gay una femmina mancata e in una lesbica un maschio mancato.
Questo ci pare un poco il limite dello spettacolo: i testi portati in scena hanno ancora la vocazione di giustificare l'amore che non osa dire il suo nome, ironizzando ancora (ancora?!?) sull'imbarazzo di scoprirsi omosessuali, di fare coming out, che per fortuna appartengono al passato: le nuove generazioni di gay lesbiche e bisessuali (termine visto con diffidenza dalle generazioni precedenti di omosessuali tramite il quale oggi si riconoscono le due opzioni etero e gay come compatibili e non opposte) sono visibili e combattono contro una società che mal sopporta questa visibilità e trova censurabile l'assenza di quella vergogna che ha sempre caratterizzato le generazioni precedenti.
Avrebbe forse giovato nel portarli in scena una contestualizzazione storica che ne avesse restituito il giusto portato sociale e culturale (oltre che politico) visto il tono tono colloquiale con cui alcuni dei testi sono detti attraversando la quarta parete e facendo del pubblico un interlocutore esplicito, invece lo spettacolo mette insieme la descrizione di un rapporto sadomaso tra due donne scritto da Anaïs Nin negli anni 40 più per soddisfare l'immaginario erotico eterosessuale maschile dell'epoca che per costruire un immaginario erotico davvero lesbico, con le poesie di Patrizia Cavalli che trova così spontaneo parlare dell'amore per le donne da non sentire il bisogno di specificarlo o darne donde.
In questo senso anche l'intervento performativo di Julius Kaiser, un Drag King (una donna che si traveste da uomo per la scena) di una intensità indimenticabile durante il quale assistiamo alla trasformazione di Julia (una donna bellissima ) in Julius (un uomo altrettanto bello) viene (pro)posto nella sua datità di attriceattore che performa un cambio di sesso senza specificare il portato politico di un discorso che cerca di scardinare la dualità maschile femminile rischiando di confermare lo stereotipo anni 50 sulla lesbica come maschio mancato.
Non ci fraintendano la lettrice e il lettore. Non si chiede di certo a uno spettacolo teatrale di proporsi come saggio storico sul movimento lgbt ma qualche coordinata interpretativa è necessaria per impedire ai luoghi comuni sulle omosessualità, diffusissimi in un Paese omofobo come l'Italia, di agire indistrubati in mancanza di qualunque altro punto di riferimento.
Più che una occasione per ricordare come l'omosessualità e la bisessualità siano opzioni di default che hanno pari dignità di quella etero che non è l'unica normalità, lo spettacolo costituisce un momento di autoassoluzione collettiva da una serie di peccati bonariamente accettati e tollerati ma visti sempre come eccezione che conferma la regola.
Un peccato perchè Date le circostanze è un esempio di altissimo teatro del quale si può godere grazie alla estrema bravura delle quattro interpreti (e alla perfomer) capaci di una recitazione calda, calorosa, umana, sensuale ed elegante anche se l'urgenza del contingente, il ricordare alla platea che esiste un paradigma altro nel quale omosessualità ed eterosessualità non sono più drammaticamente contrapposte, ci sembra sia rimasto fuori dalla sala, ma va benissimo lo stesso.
Dopo aver assistito a dell'ottimo teatro si torna più volentieri agli impegni e alle lotte del quotidiano.