Non siamo negli anni '70 e non possiamo chiedere di rivedere le stesse facce e di provare le stesse sensazioni; siamo negli anni '10 -ed è già un po' cacofonica l'espressione "anni '10"- e l'emozione del figlio di De Andrè che ripropone Fabrizio è la più grande che possiamo chiedere. E ci viene data.
Trovare, in questa come in altre occasioni, le facce di quegli anni invecchiate di altri trenta, con i figli cui insegnare qualcosa della loro epoca, sta diventando già un appuntamento fisso, quasi fosse ormai l’unico, o almeno uno degli ultimi, possibili terminali di comunicazione di un’epoca intera, momenti in cui tentare una trasmissione generazionale che spieghi a questa povera generazione bombardata dall’azzeramento culturale, che prima era diverso, e che si andava a sentire uno come Fabrizio perché nulla voleva insegnarci, ma che per questo forse tutti noi ogni giorno ancora ricordiamo nelle cose quotidiane le sue parole, le ritroviamo, e ce ne facciamo emozionare.
E sentirle scandire con tanta bravura da chi ne ha vissuto la loro stessa creazione, quando magari a 7-8 anni spiava di notte il padre mentre le faceva uscire dalla sua mente e dalle sua mani di poeta, beh, è qualcosa che aggiunge, aggiunge, aggiunge... c’è memoria e stile, ci sono respiri e fogli bianchi su cui per qualche istante sembra possibile continuare a scrivere, nell’illusione di una sera... Fa un certo effetto vivere questo doppio padre/figlio: dal punto di vista artistico, grazie anche agli arrangiamenti di Luciano Luisi che hanno unito le loro corde vocali, e da quello umano, perché indubbiamente era qualcosa che dove accadere, prima o poi; dopo tutti gli omaggi avuti in questi anni, mancava quello principale, che desse il senso alle parole scritte e fatte non soltanto di poesia, ma anche della vita vissuta dall’uomo, riproposta appunto da Cristiano e dal suo esserci stato.
Anche per questo, al Palapartenope c'era perfino qualcosa di quel concerto del 14/2/1998 al Teatro Brancaccio, l’ultimo, quando Fabrizio era sul palco insieme ai figli Cristiano e Luvi: qualcosa da ricordare, anziché con le tante sue, con le parole di uno dei pochi che possono prendere parte a questa serata, Ivano Fossati: "La disciplina della Terra sono i padri e i figli, i cani che guidano le pecore, tutti quei nomi dimenticati sotto la mano sinistra del suonatore".