L’importante è non aspettarsi una fedele ripresa del "Delitto e castigo" di Dostoevskij. Il regista di questa nuova versione, Bogolomov, sceglie di usare la trama del romanzo per creare una pièce violenta come l’originale nella sua forma più che nel contenuto.
La rottura del codice teatrale
Comincia lo spettacolo, sono visibili solo pochi elementi di scenografia, che descrivono un salotto anni ‘70. In pochi istanti gli attori rompono le principali convenzioni del contratto del pubblico con gli attori, dichiarando brutalmente la finzione. Raskolnikov, qui un finto nero, è il principale portatore della destrutturazione del teatro, il cui punto culminante è la risata a cui si abbandona poco prima della fine, che sembra schernire pubblico per aver dato credito alla messinscena. Un altro esempio è la telecamera con i relativi schermi su cui vengono proiettate le immagini riprese. L’apparato video non viene mai usato in maniera espressiva, ovvero col fine di rafforzare ciò che avviene in scena. Perciò questi elementi fungono da critica all’uso improprio di questi mezzi sul palcoscenico, dichiarandone l’assurdità.
Dal teatro al mondo
Non solo il teatro è nel mirino. Lo sono anche alcuni aspetti della nostra società, facilmente riconoscibili quando vengono proposte suggestioni che rimandano a tipi di persone o a dinamiche visibili nella vita normale. Uno su tutti è ancora Raskolnikov, accostabile a un giovane nullafacente, incapace di prendere su di sé la responsabilità di una vita adulta. Ne emerge uno squallore urtante e decisamente scomodo per il pubblico.
Se la maggior parte della trama viene presa esteriormente, rimangono comunque due momenti in cui i personaggi si calano nelle parole che dicono: si tratta delle due confessioni al pubblico di Marmeladov e Dunja. Ciò va a rafforzare ulteriormente il dispositivo organizzato dal regista, che in queste due occasioni fa sì che ci si cali nel dramma, senza badare, per l’intera durata dei monologhi, alla svelata finzione.
Bogomolov si è dunque rivelato anche in Italia, come in Russia, un regista scomodo, che preferisce mettere a nudo le convenzioni, prima che le si prenda per assunti non più ritrattabili; quindi che ci si rimanga incastrati, seduti su comode poltrone di velluto, mentre si ascoltano dei bravi attori dire cose interessanti sul palcoscenico. Rimane solo una domanda: distrutto questo teatro, che alternativa rimane?