Lirica
DER FLIEGENDE HOLLANDER - L'OLANDESE VOLANTE

Si gonfiano le vele: “L'Olandese Volante” di Wagner è in solide mani femminili

Si gonfiano le vele: “L'Olandese Volante” di Wagner è in solide mani femminili
© Andrea Ranzi

Da sempre teatro wagneriano per eccellenza, il Comunale di Bologna a due mesi dal Lohengrin dello scorso novembre, mette in scena nella sede provvisoria dell'Europauditorium Der Fliegende Holländer. La prima delle tre 'opere romantiche' nota anche come Il vascello fantasma, titolo col quale approdò in Italia -  e proprio a Bologna - nel 1877.

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA

Due successi di seguito

Il quarto cimento teatrale di Wagner venne creato a Dresda esattamente 180 anni fa, il 2 gennaio 1843. Fu una première dall'allestimento modesto, eppure assai apprezzata; che non solo consolidò in modo risolutivo le sue capacità d'operista, già poste in luce mesi prima dal Rienzi, ma in più gli guadagnò la nomina di kappelmeister del Regio Teatro della capitale sassone. 

Una consacrazione definitiva, ma anche la garanzia d'uno stipendio ragguardevole e sicuro. Per un individuo che navigò sempre nei debiti, un momentaneo respiro.

Una bacchetta al femminile

La guida musicale di questo Der Fliegende Holländer è nelle mani di Oksana Lyniv, dall'anno scorso direttrice musicale del TCBO. Scelta perspicace, dato che la sua statura artistica è elevatissima, al là d'ogni dubbio: è stata la prima donna a dirigere a Bayreuth, e guarda caso questo stesso titolo. Dalla sua minuta figura sprizza una energia incredibile, dalla sua bacchetta una direzione perentoria e titanica, lontana però da grevità teutoniche: minuziosa nei dettagli, fantasmagorica nei timbri e colori, tutta pervasa da un profondo respiro drammatico. Sotto di lei, l'Orchestra felsinea viene sollecitata a dare il suo meglio ed ingrana una marcia in più. Chapeau.

Un grande plauso pure lo dobbiamo ai componenti del Coro del TCBO, nonché al Coro maschile del Teatro Municipale di Piacenza, che dal fondo della grande sala ha evocato gli spettri del naviglio fantasma.

Seconda, o prima compagnia ?

A noi capita la seconda compagnia: tale in ordine di avvicendamento, non certo per qualità. Il mesto Olandese è consegnato all'imponente e statuario baritono bulgaro Anton Keremidtchiev: vi ritroviamo non sola una vocalità fiera e possente, di notevole smalto e corposità, ma anche tutta la sofferenza interiore che innerva il tragico, infelice navigatore errante. E non passa di certo inosservata, per indubbie qualità musicali e straordinaria intensità scenica, anche la passionale e allucinata Senta del soprano serbo Sonja Šarić. Veemente ed infocata nel suo delirio, pressoché inebriante nella Ballata del II atto.

Il basso croato Goran Jurić caratterizza molto bene la venalità del padre Doland; il tenore tedesco Alexander Schulz infonde slancio appassionato e fraseggio incisivo al suo Erik; il nostro Paolo Antognetti tratteggia un eccellente Timoniere; il mezzosoprano russo Marina Ogii delinea con fine attenzione la figura di Mary.


Siamo in apertura della Stagione 2023, lo spettacolo lo si è dovuto ripensare dal momento che il palco dell'Europauditorium è smisurato, larghissimo e poco profondo. La scena così com'è impostata da Robert Innes Hopkins - suoi anche gli attualizzati indumenti – ci appare pressoché vuota, solo uno schermo sullo sfondo. Ai lati due alte strutture, studiate anche per riflettere ed espandere meglio il suono. 

Nel II atto entriamo in un laboratorio di confezioni, al posto di rocche e fusi moderne macchine da cucito. Idea affatto nuova, per carità; però funzionale. Nel descrivere luoghi ed atmosfere, ad ogni modo, conta di più il lavoro del visual/projecton designer Driscoll Otto, che inonda il palcoscenico di immagini quanto mai suggestive, in un profluvio di flutti marini e visioni oniriche. Le luci di Daniele Naldi fanno il resto.

Un crescendo drammaturgicamente esaltante

Bravo, Paul Curran, assoltamente bravo. Imposta una regia scabra ed asciutta, che punta sempre al sodo, senza sbandamenti. E' nello stile del pluripremiato artista scozzese, le cui operazioni ci convincono sempre più. 

A lui dobbiamo pure un recente Peter Grimes (qui la nostra recensione) veneziano, sostanziale e strabiliante al tempo stesso. Nell'affrontare questo capolavoro wagneriano, ancora una volta la sua personale visione teatrale punta all'essenza, evitando divagazioni futili. Capace sin dal primo momento di coinvolgerci passionalmente, in un crescendo drammaturgico esaltante.

Il pubblico l'ha avvertito, applaudendo calorosamente spettacolo ed artisti. L'abbiamo fatto pure noi.
 

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Visto il 29-01-2023
al EuropAuditorium di Bologna (BO)