Bologna, teatro Comunale, “Der Vampyr” di Heinrich August Marschner
IL VAMPIRO IN MEZZO A NOI
Dopo avere studiato a Lipsia e Praga, Marschner (1795/1861) si trasferisce a Vienna, dove conosce Beethoven; diviene quindi maestro di cappella a Bratislava e direttore nei teatri di Dresda e Lipsia. Erede dell'operismo romantico di Weber, Marschner prolunga quel clima estetico che è il presupposto dell'opera di Wagner. Sono sue caratteristiche la ricerca di soggetti soprannaturali (il cosiddetto “orrido romantico”) e cavallereschi, l'uso saltuario del leitmotiv, una ritmica vivace ed incalzante, una strumentazione ricca e colorita.
Il teatro Lirico di Cagliari aveva presentato al Festival di Sant'Efisio del 2004 Hans Heiling (DVD Dynamic, direttore Renato Palumbo, regista Pier Luigi Pizzi, protagonisti Marcus Werba e Anna Caterina Antonacci), il cui soggetto è tratto da una leggenda boema ed ha analogie con il Lohengrin. Hans Heiling vive in un mondo che non ha nessun aggancio con la realtà, un mondo surreale in cui tutto è sentito come se fosse un incubo, dove i personaggi vivono un'ossessione e lo stesso protagonista si presenta in una particolare condizione, non interamente umana, sospeso fra il mondo degli umani e quello degli gnomi.
Il Comunale di Bologna ha inaugurato la stagione con “Der Vampyr”, prima esecuzione italiana in forma scenica. Il libretto, scritto dal cognato del compositore, si ispira al dramma romantico “Der Vampyr oder Die Totenbraut” (“Il vampiro o la fidanzata del morto”, 1821) di Heinrich Ludwig Ritter, rielaborata traduzione di lavori che hanno come ascendente illustre quel “The Vampyre” di John William Polidori, medico personale di George Byron.
Si racconta del vampiro Ruthven, che riceve dai demoni infernali l'ordine di succhiare il sangue di tre vergini entro ventiquatt'ore, se vuole prolungare la sua vita sulla terra. Il vampiro riesce ad uccidere Janthe, figlia di sir Berkley ed Emmy, figlia di John Perth, amministratore dei beni del conte di Marsdon (il quale altri non è se non lo stesso Ruthven), ma non la nobile Malwina, salvata in extremis dall'innamorato Aubry, un tempo amico di Ruthven, del quale ha scoperto casualmente la natura vampiresca e la rivela agli astanti. Ruthven, smascherato, viene annientato da un fulmine e Aubry può sposare Malwina.
Il libretto di Wohlbrück contiene passi di grande licenziosità sessuale, i quali, insieme al gusto per il macabro, il sangue e il demoniaco, contribuirono al successo dell'opera nei territori germanofoni. Ascoltata da un giovane Robert Schumann (ricorda nei suoi diari di avere stretto la mano a Marschner dopo l'esecuzione), ammirata da Wagner (nel 1833 ne diresse un'edizione a Würzburg in cui scrisse un'aggiunta all'aria di Aubry per il fratello tenore), la partitura fu rielaborata da Hans Pfitzer nel 1924 ed è questa in scena a Bologna, compresa l'aggiunta wagneriana.
Il personaggio di Ruthven attinge a don Giovanni nel profilo, nella tempestosa e sinistra ouverture (entrambe sono in Re minore), nel finale tra le fiamme. Lo stile è esemplare per il romanticismo musicale tedesco, un romanticismo tormentato, il gotico romantico nel punto esatto di incrocio di tutte le coordinate. Manca il sottinteso simbolico, ma, come ha scritto Quirino Principe nel programma di sala dell'Hans Heiling di Cagliari, “ciò non è un difetto, ma un carattere: quel sottinteso non lo chiediamo a Marschner, lo chiediamo a Wagner”.
Se Hans Heiling era il percorso nell'anima di un uomo diviso, altrettanto, mutatis mutandis, è il Vampiro, nella sua condizione non interamente umana di “non morto”. Pier Luigi Pizzi sottolinea l'attualità del libretto, ambientando la scena in un indefinibile contemporaneo. Il senso dell'essere il “vampiro” presente in mezzo a noi è reso efficacemente: all'apertura del sipario un magrissimo, emaciato vampiro scalzo, a torso nudo, coi jeans strettissimi e la chioma incanutita sacrifica una vergine nuda dalla rossa capigliatura; quel vampiro sarà per tutta la durata dell'opera in mezzo al coro e alle comparse, confuso tra i personaggi, mescolato ai presenti; alla fine, dopo che Ruthven è bruciato, sarà ancora lui a salire le scale della cappella nel seguito degli invitati.
La scena è ambientata liberamente in una Scozia generica, i colori sono forti e brillanti, il verde dell'erba, il bianco degli edifici. Nel primo quadro l'altipiano che vuole il libretto è un corpo femminile in posizione ginecologica, “perchè nella letteratura vampiresca forte è la connotazione della liberazione delle pulsioni sessuali” (Pizzi), e la grotta del vampiro è.. proprio quella cosa lì, come ne “L'origine du monde” di Gustave Courbet, utilmente riprodotto nel programma di sala. L'iniziale convegno dei vampiri è dominato dall'argento delle lunghe cappe che risaltano nella notte oscura, provocando un brivido nell'ascolto della splendida musica. L'atmosfera viene interrotta dall'arrivo di unità cinofile con cani lupo e torce coi fasci di luce saettanti.
Poi l'esterno della casa di Davenaut dove si svolge una festa (Marco Berriel riesce a far ballare i convitati con movenze da discoteca sulla musica di Marschner). Quindi una radura nel bosco e l'ingresso a una cappella; sempre al centro della pedana fortemente inclinata un rialzo circolare. Elegantissimi e sfarzosi i costumi, sempre di Pizzi. Le ottime luci di Sergio Rossi creano un'atmosfera notturna e lunare; efficacissime nel terzo quadro: il cielo azzurro diventa improvvisamente nero all'arrivo di Ruthven. Coup de teatre finale le alte fiamme di fuoco che divorano il vampiro.
Detlef Roth è un vampiro seducente, fisico asciutto, elegantissimo in completo nero e tight grigio con cilindro e guanti; il viso è ovviamente pallido con occhiaie nere, bianchi anche i capelli ad assorbire i vitali raggi lunari. Nelle movenze appare più come un erotomane, con lingua di fuori e smorfie tra Mr Bean e Fracchia; vocalmente rivela qualche incertezza. Invece incertezze non ha il bravo John Osborne: il suo Aubry ha bella voce screziata ed espressiva, solidissimo il registro acuto e corposo il centrale, capace di infiorettature belcantistiche nella lunga aria “Wie ein schöner Frühlingsmorgen”, dove esprime dolcezza, rabbia, passione, impotenza, al punto da strappare fragorosi applausi a scena aperta. Brave e belle le tre vittime del vampiro, tutte italiane e vestite da spose (Malwina macchiata di rosso sangue), Janthe, Malwina e Emmy, nell'ordine di apparizione Manuela Bisceglie, Carmela Remigio e Donata D'Annunzio Lombardi. Solenne e severo il Davenaut di Harry Peeters, debole Paolo Cauteruccio (George). Affiatati e azzeccati Thomas Morris, Mario Bolognesi, Gabriele Ribis e Conal Coad, rispettivamente Gadshill, Scrop, Green e Blunt, nella divertente ode al bere smodatamente in ogni stagione. Con loro Monica Minarelli (Suse), Roberto Tagliavini (Sir Berkley) e Karl Hainz Macek nell'unico ruolo parlato, il Principe dei vampiri.
Notevole la direzione di Roberto Abbado, che sottolinea le morbidezze della partitura, gli agganci con Weber e Wagner, le sfumature cromatiche ed è bravissimo nel coordinare buca e palco. Coro ben preparato da Paolo Vero.
Teatro gremito, pubblico molto elegante ed entusiasta dell'opera; nell'intervallo qualcuno commentava come troppo spinta la scena del primo quadro. Tanti applausi, ovazioni per Carmela Remigio e John Osborne. Sul palco, prima dei cantanti, Pizzi ha giustamente e meritatamente voluto i lavoratori e le lavoratrici del teatro che hanno contribuito al successo di questa prima.
Fuori dal Comunale volantinaggio dei sindacati e cartelli dei dipendenti per richiamare l'attenzione sui tagli al FUS e sugli stipendi degli elettricisti della Fondazione, come il comunicato letto prima dell'inizio; all'interno, sui parapetti dei palchi, decorazioni floreali sostituite da striscioni di protesta. Il migliore è stato srotolato dai coristi durante gli applausi: “NON SIAMO NOI I VAMPIRI.. CI DIPINGONO COSI'”. Ad intendere che i veri vampiri, che Pizzi vede in mezzo a noi, sono quelli in Parlamento.
Visto a Bologna, teatro Comunale, il 15 novembre 2008
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Comunale - Sala Bibiena
di Bologna
(BO)