Lirica
DIDO AND AENEAS

Il fascino della danza in contrappunto alla musica

Il fascino della danza in contrappunto alla musica
Venezia , Teatro alla Fenice,”Le rire” di Bruno Maderna e “Dido and Aeneas” di Henry Purcell IL FASCINO DELLA DANZA IN CONTRAPPUNTO ALLA MUSICA In linea con la programmazione sofisticata che la caratterizza, la Fenice propone “le Rire”, breve divertissement elettronico di Bruno Maderna del 1964, in abbinamento a Dido and Aeneas (1689) di Henry Purcell. La proposta trova un comune denominatore nella figura di Bruno Maderna, direttore e compositore d’avanguardia veneziano che durante l’intensa attività artistica ha cercato di fare convivere musica antica e contemporanea e di cui si ricorda una storica serata alla Piccola Scala in cui diresse nel 1963, insieme alla prima milanese di “Dido and Aeneas”, “Passaggio” di Luciano Berio. Ma sono anche le coreografie dell’artista e performer giapponese Saburo Teshigawara a costituire un trait d’union di segno forte fra le due parti del programma. “Le rire”, brano elettronico su nastro magnetico che prende il titolo dall’omonimo saggio di Henry Bergson, utilizza diversi materiali sonori rielaborati e filtrati tra cui voci, scrosci d’acqua, timpano e flauto che evocano nella loro progressione drammatica e successiva fusione le sensazioni nervose associate allo scaturire di una risata. Nello spazio nero sei ballerini, fra cui lo stesso Teshigawara, si lasciano progressivamente animare dalla musica seriale. Scossi da fremiti convulsi ruotano le braccia con movimenti talmente veloci da essere il riflesso del suono sinusoidale rielaborato da Maderna. Il balletto dura solo venti minuti fra scoppi isterici, voli fra terra e cielo, colpi di frusta musicali e coreografici e alla fine il scivolare di un capo sull’altro in un accenno di abbraccio indica che lo spasmo del riso è finito e inizia la quiete. Saburo Teshigawara firma anche regia, coreografia e luci di Didone ed Enea,.opera che si presta alla contaminazione con la danza per la sua derivazione dal masque (forma di intrattenimento di corte con musica, danza, pantomima su soggetto mitologico dalla trama piuttosto semplificata) e che ha un forte potere d’attrazione per coreografi d’avanguardia, come dimostrano le recenti riletture del capolavoro barocco ad opera di Wayne McGregor per il Covent Garden o del teatro-danza di Sasha Waltz per la Monnaie. In una scena vuota dalle pareti blu percorse da video di grafiche minimali luminose (che tingeranno di arancio il fondale ad un certo punto del dramma) i cantanti in eleganti abiti neri convivono con le performances dei danzatori che, oltre a essere dei “doppi” e raffigurare con una gestualità simbolica e rarefatta i vari stati d’animo, trovano una forte correlazione con la partitura di Purcell, amplificata e valorizzata da un movimento rigoroso che incarna e contrappunta la musica barocca. La coreografia “zen” di cristallina purezza esercita un forte fascino per il vorticoso movimento delle braccia e la bellezza dei segni tracciati dai corpi leggeri usciti dal buio. Mentre la protagonista è quasi immobile per esprimere una solitudine dolente ed inaccettabile, il coro e le streghe replicano i movimenti convulsi dei danzatori, come sferzati dal vento, fendendo lo spazio e disegnando spirali per tradurre l’emotività della musica e della situazione. Come scrive Saburo Teshigawara nei versi che accompagnano il programma di sala: “Il destino non ammette che morte in questo mito. Noi che siamo nel presente lo faremo rivivere. La storia è predisposta come fosse già stata”. Ann Hallenberg è una Didone intensa e tragica, consapevole fin dall’inizio di andare incontro alla morte. Colpisce la voce dal sontuoso registro centrale, ma soprattutto la capacità di scandire la frase sottolineando il vigore ritmico della scrittura di Purcell e utilizzare i vocalizzi per dare rilievo alle parole chiave facendo scaturire emozione, dolore, rabbia e abbandono. Nel ruolo di Belinda, Maria Grazia Schiavo non ha la stessa purezza di dizione, ma la voce è bella e il personaggio partecipe. Marlin Miller è un Enea intenso dalla voce profonda. La maga di Julianne Young ha un canto raffinato e insieme alle due streghe (Sabrina Vianello ed Elena Traversi) rivela ottime doti coreografiche. Krystian Adam interpreta lo spirito e un marinaio. La direzione sensibile di Attilio Cremonesi rivela forte empatia con lo sviluppo drammatico e traduce la varietà di emozioni, affetti e contrasti della partitura in piena sintonia con il canto e con il movimento coreografico. Il canto di morte di Didone del IV libro dell’Eneide rivive nel finale tenuto lentissimo per accompagnarne l’agonia fino all’ultimo sospiro. Ottima la prova dell’orchestra dal suono preciso e luminoso, in particolare rilievo le sonorità degli strumenti barocchi come la tiorba, il liuto e la chitarra. Notevole per precisione musicale, ma anche per la capacità di replicare il movimento coreografico concepito da Saburo Teshigawara, il coro della Fenice diretto da Claudio Marino Moretti Grandissimo e meritato successo per uno spettacolo di rara perfezione. Da non perdere. Visto a Venezia, teatro alla Fenice, il 14/03/2010 Ilaria Bellini
Visto il
al La Fenice di Venezia (VE)