Non è nuovo l'allestimento scenico di Dido and Aeneas di Henry Purcell, trasmesso in streaming su YouTube (visibile nella scheda dello spettacolo - sezione VIDEO) dal Teatro Filarmonico di Verona la scorsa domenica a proseguire la stagione 2021: proviene infatti dal Teatro Comunale di Modena, registrato e trasmesso on line ai primi dello scorso novembre.
Non è del tutto eguale, però, qualche cambiamento si avverte. Il coro in costume viene qui collocato a ventaglio nei palchi, con attraente effetto acustico; ed in sala è ora creato, avvolgendo le poltrone della sala in candidi teli, una specie di labirinto magico, che alla fine diviene una pittorica distesa di onde marine. Ne esce rafforzato il pregnante, suggestivo, vitalissimo impianto registico e visuale di Stefano Monti – oltre alle scene, gli dobbiamo pure i magnifici costumi – che si dilata ad angolo giro riempiendo completamente la sala veronese. Tenuto conto delle difficoltà imposte dall'emergenza sanitaria e dalle necessità di distanziamento, ci pare la migliore fra le ultime versioni di questo caposaldo del repertorio barocco che abbiamo incontrato.
Una grande orchestra trasformata in ensemble barocco
L'orchestra areniana è opportunamente condensata in uno scarno ensemble barocco, con gli opportuni inserimenti al basso continuo, fluido ed efficiente, di un cello (Sara Airoldi), di un cembalo (Marco Vincenzi) e d'una sonora tiorba (Gabriele Palomba). Non ci avremmo scommesso troppo, ma in realtà la ridotta compagine si comporta egregiamente, e con sensibilissima musicalità. La presiede Giulio Prandi, solido specialista del repertorio antico, il quale offre del capolavoro di Purcell – adottando l'edizione critica di Clifford Bartlett – una concertazione accurata, variata nei colori e nelle dinamiche, ritmicamente assai pulsante.
Questo quanto allo strumentale, ed alla cura degli intrecci vocali; ma teatralmente resta l'impressione di una seriosa, eccessiva austerità. Sua la scelta di porre come prologo una pagina di Jommelli, la cantata per soprano ed archi Giusti Numi che il ciel reggete, in cui Didone si lamenta dell'abbandono di Enea perendo infine fra le rovine di Cartagine: brano interessante dal lato vocale, per la ricerca di effetti drammatici; ancorché di taglio convenzionale, offre l'occasione al compositore napoletano di esercitare la sua finissima indole di orchestratore.
Due regine: una di Jommelli, l'altra di Purcell
Al soprano Maria Grazia Schiavo il compito di dare voce e corpo alla Didone abbandonata di Jommelli, rendendone tutto il travaglio interiore. Josè Maria Lo Monaco interpreta con squisita finezza la Didone di Purcell, mettendo in campo una linea vocale ben controllata ed elegante, sostenuta da un fraseggio vario e da una buona adesione psicologica al personaggio della sventurata regina.
Renato Dolcini con la sua voce ampia e vigorosa dà corpo ad un virile e aristocratico Enea; eccellente la Maga di Lucia Cirillo, ricreata con insinuante e spietata malvagità, senza oltrepassare la misura. Maria Grazia Schiavo è un'aggraziata, eterea Belinda; completano la compagnia Federico Fiorio (Prima strega/Spirito), Marta Radelli (Seconda strega) e Raffaele Giordani (Marinaio). Il Coro dell'Arena preparato da Vito Lombardi si distingue per precisione, pathos e leggerezza. I movimenti mimici sono elaborati da Tony Contartese; le luci sono di Paolo Mazzon.