Fuga dalla realtà: l'universo bizzarro di “Die Antilope”

Fuga dalla realtà: l'universo bizzarro di “Die Antilope”

Votata all'esplorazione del panorama operistico contemporaneo, OPER.A 20.21 ha portato al Comunale di Bolzano il più recente lavoro teatrale del quarantenne compositore austriaco Johannes Maria Staud, attuale e primo artist in residence della Fondazione stessa: Die Antilope, su libretto di Durs Grünbein, andato in scena nel settembre 2014 al Festival di Lucerna e poi a Colonia, e nel novembre scorso alla Neue Oper Wien.

Evadere da una realtà che non ci appartiene

In effetti, questa rapida partitura introduce a perfezione il tema scelto per la nuova stagione: Escape From Reality/Fuga dalla realtà. Infatti il protagonista, il timido Victor, presenzia ad un party folleggiante con i manager di un'imprecisata azienda, contraddistinti da singolari copricapi animaleschi a segnare una irrimediabile perdita di umanità. Ma è come un pesce fuor d'acqua, tanto che ad un certo punto si butta dalla finestra, finendo in uno spazio parallelo tra situazioni nonsense e stralunate.

Victor stesso prende a parlare un indecifrabile linguaggio, impossibilitato ad interagire con i personaggi che incontra: tre medici vestiti da clowns, una stramba coppia incapace di dialogo, signore che chiacchierano al caffè dimenticandosi della prole. Alla fine, con andamento circolare, Victor riappare dalla finestra mentre il party riprende come prima. Siamo sinceri: consistenza drammaturgica questo libretto ne possiede ben poca. E la noia quindi sta appostata dietro l’angolo.

La musica, veicolo di significati

Per fortuna la musica di Staud è ben più stimolante ed interessante del testo, e rimpolpa di muscoli uno scheletro vacillante. La policroma partitura di Die Antilope passa infatti da spunti tematici intriganti ad accenni di una sorta di ambient music, e dal declamato alla coralità, con accorto uso di un variegato strumentale che include anche alcune campionature; e dove un paio di momenti di musica pop assumono, nella loro piena tonalità, un tono di bizzarra estraneità.

E molto conta, per la riuscita d'insieme, anche la coscienziosa e duttile direzione di Walter Kobera e l'irreprensibile prestazione dell'Orchestra Haydn. D'altro canto, se lo spettacolo regge bene è merito in gran parte dell'arguta e coinvolgente regia di Dominique Mentha, capace di creare un flusso narrativo inarrestabile. Sullo sfondo le scarne ma funzionali scenografie di lngrid Erb – autrice anche dei moderni costumi – e di Werner Hutterli, Interpreti senz'altro tutti eccezionali, chiamati a coprire una molteplicità di ruoli ed a recitare come veri attori. A cominciare dallo strepitoso Wolfgang Resch (Victor), e proseguire con Elisabeth Breuer, Maida Karišik, Bibiana Nwobilo, Gernot Heinrich, Christian Kotsis, Ardalan Jabbari, Catrina Poor, Un dovuto encomio al Wiener Kammerchor guidato da Michael Grohotolsky.