In tema di Oriente torna il colorato allestimento di “Die Entführung aus dem Serail” firmato dal regista Eike Gramss, già presentato con successo al teatro della Pergola otto anni fa in occasione del Maggio Musicale.
L’impianto scenico di Christoph Wagenknecth è essenziale ma efficace per ricreare con gusto l’ambientazione turca e favolistica del Singspiel mozartiano e la struttura a quinte mobili, che inquadrano diversamente la scena vuota con un fondale marino, si adatta bene anche al grande palcoscenico del Comunale. Il tessuto patchwork ricrea in un gioco di trafori e ricami i disegni delle maioliche turche e magrebine; quinte impostate sul motivo dell'arco a ferro di cavallo scorrono dai lati e calano dall’alto per ricreare l’architettura del Palazzo e l’affastellarsi degli ambienti dell'harem. I pannelli variopinti e leggeri ricordano i teatrini da marionette della commedia dell’arte (oppure il teatro delle ombre), creando un ambiente adatto alla farsa popolare.
Sono le luci a dare una connotazione da opera seria, come quando la scena si tinge di rosso per sottolineare i risvolti drammatici del tormento interiore della grande aria di Konstanze. Infatti contribuiscono in modo determinante alla riuscita dello spettacolo le luci di Jacques Battocletti, riprese da Gianni Paolo Mirenda, che usano colori caldi e intimi per gli interni orientaleggianti e, nel terzo atto, accompagnano la vicenda dalla notte, all'alba, al pieno giorno (durante il discorso di Selim), a cominciare da una notte stellata dove il veliero (che sull'ouverture sfilava all'orizzonte) alla rada risponde al segnale luminoso dei quattro fuggiaschi.
Perfetti i costumi coloratissimi di Catherine Voeffray, che riservano il bianco monacale a Konstanze.
Lo spettacolo equilibrato e godibile conserva a distanza di tempo gioiosa freschezza; qualche concessione alla farsa c’è, come il coccodrillo (animato da Tiziano Goli) che si comporta come un cucciolo domestico, all’occorrenza affettuoso o mordace. Eike Gramss evita controscene ed è attento al dipanarsi degli eventi, sottolineando il canto e i recitativi; cerca l'atmosfera dei quadri degli orientalisti, un Oriente immaginario e immaginifico.
Alla produzione va il merito di aver mantenuto il giusto equilibrio fra la componente popolare e quella seria del Singspiel, sempre all’insegna della misura e con discreto umorismo. Per migliorare la fruizione del parlato da parte del pubblico, oltre all’uso dei sopratitoli, sono state inserite alcune esclamazioni in italiano che stimolano il riso con una spontaneità propria di un genere “popolare”, ma, essendo interventi di breve durata, non compromettono l’architettura complessiva.
Completamente rinnovato il cast vocale rispetto all'edizione del 2002. Desta perplessità la Konstanze di Ingrid Kaiserfeld, la cui voce, davvero splendida per colore e sontuosità nel registro centrale, presenta disomogeneità di registro col risultato di acuti sbiancati e agilità fuori controllo, compromettendo la componente elegiaca ed il risultato delle sue attese arie. Il suo personaggio veste sempre di bianco con una vistosa croce sul petto, sostituita, nel finale, da un fiocco rosso attorno alla vita. Jörg Schneider è un Belmonte di voce importante, ferma e morbida, che coglie le sfumature del personaggio, a cominciare da una “Konstanze! Dich wieder zu sehen! Dich!” di particolare tenerezza. Chen Reiss (già apprezzata nella Frau ohne Schatten in un piccolo ruolo) è una Blonde convincente per spigliata presenza scenica e vocalità brillante e leggera; molto vivace anche dal punto di vista attoriale nei dialoghi, la Reiss diverte nel piegare gli acuti alle esigenze registiche, quando, nel second'atto, Osmin le prende la mano e se la avvicina al basso ventre. Kevin Conners è un Pedrillo credibile dal punto di vista scenico e di buona musicalità, dalla voce brunita e ampia. Convince Maurizio Muraro per voce nobile ed estesa di bel colore, che non fa scadere nella macchietta la parte di Osmin. L’attore Karl-Heinz Macek (Selim) ha ottima dizione, ma toni poco caldi e suadenti; importante e nobile la sua presenza scenica. Buona la prestazione del coro, preparato da Piero Monti.
Zubin Mehta, che aveva curato anche la direzione musicale dello spettacolo originale, offre una lettura attenta alla cura del suono, sempre morbido e sinuoso. La diversificazione dei vari piani sonori e la pulsante dinamica risultano evidenziate dai tempi appropriati, a volte un poco allargati (primo atto); l’intreccio fra voci e tessuto orchestrale trova giusta sintonia, facendo risaltare la brillantezza mozartiana, specialmente negli atti secondo e terzo. Buona la prova dell'orchestra del Maggio, impegnata in due opere così diverse e distanti come quelle in programma in questo Festival, che richiedono organici praticamente opposti.
Qualche posto vuoto in sala, diversi bambini tra il pubblico; generosi applausi per tutti.