Lirica
DIE FRAU OHNE SCHATTEN

Una splendente Donna senz'ombra

Una splendente Donna senz'ombra

Firenze, teatro Comunale, “Die Frau ohne Schatten” di Richard Strauss

UNA SPLENDENTE DONNA SENZ'OMBRA

Die Frau ohne Schatten, raramente rappresentata in Italia e scelta per inaugurare il 73° Maggio Musicale “Verso oriente”, si presta per la sua complessità a diverse interpretazioni e livelli di lettura: fiaba di azione magica che affonda le sue radici nello “Zauberspiel”, processo iniziatico di elevazione attraverso una serie di prove che echeggia i grandi Singspiel tedeschi, opera “oscura” ricca d’implicazioni simboliche e psicologiche proprie della cultura viennese dei primi del ‘900. Comunque capolavoro eclettico con accenni di orientalismo nel gusto decadente ed estetizzante della Secessione.
La trama, su libretto di Hugo von Hofmannstahl, narra di un’imperatrice ultraterrena, figlia del re degli spiriti che, in quanto fata, non ha ombra (e non ha generato figli, nonostante l'amore immenso per il marito). Ella, per salvare il marito dalla pietrificazione, scende nel mondo degli umani per ottenere con l’inganno l‘ombra di una povera donna, spinta dalla mefistofelica nutrice. I destini delle due coppie, quella celeste e quella terrena, s’intrecciano, ma, nonostante l’imperatrice alla fine rifiuti il “furto” dell'ombra in quanto immorale: non si può basare la propria felicità sull'infelicità di qualcun altro, se si ha un cuore e un'anima (significative le macerie della casa del tintore nel terz'atto: l'imperatrice non può costruire la sua vita sulle rovine della famiglia di Barak). Così la vicenda ha un lieto fine e trionfano pietà e amore coniugale: finalmente i bambini non nati potranno nascere. Donna senz'ombra, donna senza maternità.

Lo spettacolo raffinato ed elegante di Yannis Kokkos, che si avvale per la parte drammaturgica del supporto di Anne Blanchard, privilegia l’aspetto fiabesco dell’opera senza approfondirne le implicazioni filosofiche e dando massimo risalto alla fascinazione della musica e del canto.
I due mondi, quello fantastico e quello terreno, sono diversamente caratterizzati, ma entrambi immersi nella stessa atmosfera onirica, con un’immensa luna piena sullo sfondo che funziona da specchio, sfera di cristallo o schermo per proiezioni sfumate che alludono a una cosmogonia celeste ed ultraterrena se non anche ai turbamenti dell'anima.
Le belle luci di Gianni Mantovani, oltre a ricreare un mondo fiabesco, svolgono una funzione drammatica, in quanto il fascio di luce perpendicolare che colpisce l’imperatrice ne cancella l’ombra, giustificando la vicenda.
Nella messinscena (Kokkos è anche autore di scene e costumi) ci sono tracce di un oriente eclettico: la casa del tintore ha i volumi cubici ed il colore azzurro delle architetture di Jodhpur; la foresta tropicale con le piante stilizzate rosso lacca (come rami enormi di corallo) evoca rovine Khmer, un’ispirazione cino-giapponese si coglie nei pannelli stilizzati e bidimensionali, nel gioco di ombre, in alcuni costumi (la vestaglia dell'imperatrice), il Messaggero sembra un componente dell'esercito del Primo Imperatore, i dervisci rotanti. Ma sono semplici accenni da rielaborare, frammenti di un ricordo in cui confluiscono una molteplicità di esperienze reali e immaginarie.
Anche il mondo materiale e terrestre del tintore ha un realismo stilizzato per sottolineare come i due processi evolutivi siano simili e speculari: l’imperatrice ultraterrena che diventa umana grazie alla pietas e la donna-peccatrice che si salva avendo trovato una nuova spiritualità. Le due figure femminili, grazie a una recitazione particolarmente accurata e sensibile, da una situazione di partenza assolutamente antitetica sembrano convergere verso un unico punto, verso una umanizzazione basata su sentimenti solidi non provvisori né illusori.
Le coreografie di Marco Berriel rimandano ad accenni di orientalismo; i video di Eric Duranteau amplificano i richiami della partitura a tratteggiare gli sviluppi della vicenda nell'anima dei protagonisti, come le pennellate nere che inchiostrano la grande luna in alcuni momenti.

Zubin Mehta ha più volte diretto opere liriche e sinfoniche di Richard Strauss e, nell’affrontare per la prima volta Die Frau ohne Schatten, trova una partitura particolarmente congeniale di cui esalta, con una concertazione pulsante e struggente, la ricchezza cromatica e la potenza sinfonica con un colorito orchestrale di sontuosa bellezza e straordinaria compattezza di suono. L'opera è stata scritta durante la prima guerra mondiale ed ha debuttato nel 1919, per cui l'orchestrazione è uno splendore liberty, esteticamente dorata e velatamente esotica-orientaleggiante. Mehta la rende nel modo migliore possibile, cesellando i dettagli (nonostante l'organico sterminato) in un modo luminoso, emozionante, irripetibile.
Grandissima la prova dell’orchestra del Maggio, il cui gigantesco organico si dispone anche nei palchi di proscenio, avvolgendo e incantando il pubblico con un’esecuzione musicale entusiasmante che fa coesistere un magma sinfonico poderoso (ma mai troppo forte dal punto di vista del volume, sempre controllato) che genera autentica vertigine e raffinata leggerezza cameristica. Ed è grazie alla precisione musicale che quest’opera “difficile” viene resa intelligibile nel suo ordito di rimandi musicali, dove s’intersecano i diversi piani sonori e tematici. Screziature madreperlacee e lunari s’intrecciano con timbriche colorate e materiche per evocare il regno immateriale di Keikobad, il mondo evanescente della coppia celeste e quello terreno di pena e dolore. I fili della partitura evocano le preziosità della Secessione: l'orchestra li percorre tutti, rendendoli visibili in modo mirabile.
Notevoli le prove del coro del Maggio Musicale Fiorentino preparato da Piero Monti e delle voci bianche della Scuola di Musica di Fiesole dirette da Joan Yakkey.

In un ottimo cast, spicca Elena Pankratova per voce ampia e solida adatta a sostenere le lunghe frasi e gli sbalzi di tessitura che il ruolo “estremo” della Donna richiede, ma, oltre alla sorprendente tenuta vocale, convince per la sentita evoluzione psicologica che imprime al personaggio.
Particolarmente lirica l’Imperatrice di Adrianne Pieczonka, dal canto radioso senza cesure adatto al repertorio straussiano. Particolarmente intenso anche il “Ich will nicht” finale, in cui afferma che la propria felicità non si può basare sulla sofferenza altrui.
Di Albert Dohmen si sono apprezzate la dizione scolpita e la voce possente, ma anche la forte partecipazione emotiva necessaria per restituire tutta l’umanità dolente di Barak.
Torsten Kerl ha voce flessibile e un buon registro centrale con cui affronta la parte frastagliata dell’Imperatore; la figura è ben cesellata sul palco, anche se gli acuti risultano poco luminosi.
Insinuante ed espressiva, ma non sempre a fuoco, la Nutrice malevola di Lioba Braun, che veste un abito che rimanda a una coralità da tragedia greca.
Ben risolte le parti di fianco: Daniela Schillaci è un preciso Custode del tempio, Chen Reiss dona voce radiosa al Falco, Manuela Bress è una suggestiva Voce dall’alto, Emanuele D’Aguanno l’affascinante apparizione di un ragazzo in abito bianco indiano e piedi nudi ed infine Samuel Youn è il Messaggero degli Spiriti.

Purtroppo al grandissimo successo della prima, fortunatamente andata in scena per la ritardata firma del decreto Bondi e trasmessa per radio, è seguita solo l'ultima replica, accompagnata da travolgenti applausi in un teatro tutto esaurito col pubblico presente fino alla fine della lunga rappresentazione, applausi interminabili compresi.
Lo spettacolo rimarrà impresso nella memoria di chi l’ha ascoltato come una delle migliori produzioni del Maggio della storia recente ed è stato preceduto da un sentito e applauditissimo discorso di Zubin Mehta, in cui il Maestro ha ringraziato il Sindaco di Firenze per il costruttivo apporto nella vicenda (rectius, protesta), ha spiegato il dolore dei dipendenti del teatro per lo sciopero, necessario però a dimostrare al ministro la contrarietà al contenuto del decreto, facendo appello affinchè l'Italia torni ad essere la patria (la culla) della cultura mondiale.
Certamente questa OTTIMA esecuzione di Die Frau ohne Schatten è la migliore risposta possibile di Firenze al decreto Bondi, il miglior modo di dimostrare quanto Firenze sia tra le prime, se non addirittura la prima.

FRANCESCO RAPACCIONI e Ilaria Bellini

Visto il
al Maggio Musicale Fiorentino di Firenze (FI)