Lirica
DIE WALKüRE

Venezia, teatro La Fenice, “D…

Venezia, teatro La Fenice, “D…
Venezia, teatro La Fenice, “Die Walküre” di Richard Wagner VALCHIRIA IN TEMPO DI GUERRA La guerra è sempre uguale, ieri ed oggi. Come le sue ragioni (irrazionali, inaccettabili, oggi ancor più di ieri). Come dominatori e dominati. Carsen in modo efficacissimo e pregnante attualizza e demitizza il dramma, ambientandolo in tempo e territorio di guerra, con gli Dei scesi sulla terra, in un passato poco lontano. Tutto è buio, notturno, gelido e raggelante. In un accampamento i soldati si aggirano freneticamente, con pastori tedeschi al guinzaglio e pile, la concitazione prima di un attacco, forse un rifugio clandestino, sullo sfondo nevica incessantemente. Siegmund è una spia, un infiltrato, o forse solo un estraneo, ma si guarda intorno sospettoso. Il focolare domestico è un fuoco acceso in una tanica metallica, la casa una tenda tra casse di munizioni e fagotti e bauli, in mezzo ai quali sta il tronco di frassino perno della storia. Sieglinde è in maglietta e pantaloni mimetici, Hunding arriva scortato dai soldati con i mitra spianati. Le pareti catramate contribuiscono a rendere l’ambiente ossessivo. Il secondo atto ha luogo in un salotto razionalista, due grandi divani ed un caminetto con il fuoco che arde. Wotan è il gerarca di un regime totalitario, indossa divisa con alti gradi e cappottone dal taglio rigido. Fricka è una diva degli anni Quaranta in completo stile Chanel. L’aspra montagna solo un ricordo, affidato ai due enormi quadri verticali appesi alla parete ai lati del camino. Brunnhilde ha il ruolo dell’amante ed indossa un vestito corto da festa pomeridiana, i capelli un liscio caschetto. Il mondo degli Dei è un mondo totalitario, come il potere durante una guerra, e Wotan è “il Signore degli eserciti”, in un continuo di storie di sopraffazioni poco democratiche. Nella rabbia incontrollabile scaglia via nel fuoco il vassoio con le mele fonte di eterna giovinezza. Il terzo atto è in uno spazio al chiuso, pareti sempre catramate, come il sipario, spazio chiuso e vuoto, il pavimento ricoperto di cadaveri. Gli eroi caduti in battaglia risorgono grazie alle Valchirie e si avviano per due scalette antincendio verso l’alto. Nevica incessantemente ed abbondantemente, quando la tempesta si calma arrivano Siegmund e Sieglinde con gli zaini militari in spalla. Poi un relitto di jeep è il rifugio dei due fratelli-amanti, un senso di rovina imminente ed inarrestabile. Tra le scene più belle (in uno spettacolo tutto bellissimo) quella alla fine in cui Wotan dà fuoco alla rupe: Wotan raccoglie un accendino nelle tasche di uno dei cadaveri e, arrivato lentamente in proscenio, lo accende; quella fiammella vibra solitaria per un po’; poi Wotan si volta, il muro di fondo si solleva e rivela una bassa cortina di fiamme. Difficile è la messa in scena di un’opera lunga e incentrata su una sequela di duetti con poca azione. Carsen evita facili ed inutili spettacolarizzazioni e, insieme a Patrick Kinmonth (costumista e scenografo), crea uno spettacolo emozionante ed intelligente, uno dei migliori visti ultimamente, assolutamente impedibile. Lo spettacolo è il primo di tre in coproduzione con l’Oper der Stadt di Colonia, un progetto triennale che prevede la messa in scena delle tre giornate del Ring, una per ciascun anno. Certo che sarebbe stato unico poterle vedere in sequenza in tre giorni consecutivi, invece che in tre anni, vista l’eccezionalità del risultato. Merito all’ottimo cast, tutti straordinari: Christopher Ventris (Siegmund che non ha paura, come la voce che non teme arditezze), Kristinn Sigmundsson (rude Hunding), Greer Grimsley (Wotan combattivo ma consapevole della sua rovina, vendicativo e tenero al tempo stesso), Petra Lang (Sieglinde dalla splendida voce, combattiva, forte, mai piegata dagli eventi, anzi, decisa ad imporsi ed a contrastare il destino e il volere degli Dei), Janice Baird (Brunnhilde di notevole avvenenza, un poco sottotono all’inizio, ma poi in crescendo fino al terzo atto con risultati superlativi), Doris Soffel (Fricka elegante ed altera dalla voce meravigliosa e dal contegno perfetto), Alexandra Wilson, Dorothee Wiedmann, Mary Ann McCormick, Carla Centi Pizzutilli, Inka Rinn, Julie Mellor, Elsa Waage, Fredrika Brillembourg (le Valchirie, meravigliosamente omogenee). Ottima la direzione di Jeffrey Tate, eccellenti gli archi, un paio di volte fuori luogo i corni. Applausi interminabili alla fine. Meritatissimi. Uno spettacolo meraviglioso, che fa riflettere. Una messa in scena che è già un caposaldo. FRANCESCO RAPACCIONI Visto a Venezia, teatro La Fenice, il 28 gennaio 2006
Visto il
al Petruzzelli di Bari (BA)