Prosa
DIFATTOTERESA

Una memoria storica poco <i>presente</i>

Una memoria storica poco <i>presente</i>

Difattoteresa di e con Silvia Bagnoli è liberamente tratto dal libro di Patrizia Pacini La Costituente, storia di Teresa Mattei.

Lo spettacolo si pone a pieno titolo in quell'alveo di teatro civile e della memoria che, mentre ci racconta un pezzo di storia repubblicana e immediatamente precedente, allestisce una drammaturgia autonoma e originale.

Da sola in scena, con l'ausilio di una sedia, di un leggio (che appare dalle quinte) e di alcuni pannelli semovibili, che fungono ora da parete di proiezione, ora da elementi scenografici, ora da quinte, Silvia Bagnoli ci racconta la vita privata e politica di Teresa Mattei con l'autorevolezza della sua statura di attrice, capace di tenere sospeso il fiato del pubblico con la sola presenza scenica, e con la cognizione di causa della fonte storica da cui trae materia per il suo discorso.

Nata quando nasceva il fascismo Teresa Mattei proviene da una famiglia colta.
Ancora al liceo viene espulsa perchè si oppone alle leggi razziali.
Antifascista, si iscrive al partito comunista clandestino, e dopo il 43 trova naturale entrare nella resistenza con il nome di battaglia Chicchi. Teresa subisce svariati arresti, interrogatori e uno stupro, si batte nel PCI per il voto alle donne e, notata da Togliatti, viene candidata ed eletta nella Costituente diventando la più giovane delle 21 donne di un'assemblea a maggioranza maschile. Qui si batte per aggiungere nell'articolo 3 quell'inciso di fatto (da cui il titolo della piéce) che tanti colleghi consideravano pleonastico.

L'intento dello spettacolo, che Silvia ribadisce umilmente  alla fine del monologo, è quello di preservare la memoria storica del paese, senza - aggiungiamo noi - rinunciare a fare teatro. 

Silvia si rivolge direttamente al pubblico, come narratrice onnisciente, riporta pensieri parole e dialoghi di Teresa, mentre alcune voci registrate si fanno portatrici di affermazioni ritenute  importanti, tra cui la convinzione di Teresa di doversi schierare, di non poter rimanere indifferente, senza una posizione: La cosa più importante della nostra vita è aver scelto la nostra
parte
.

Mentre spazia nel libro di Patrizia Pacini con una curiosità personale e autonoma e ci racconta quel che della storia di Teresa più l'ha colpita Silvia Bagnoli gioca con le proiezioni, diventando ora una silhouette che si staglia sui rettangoli rossi proiettati nei pannelli polifunzionali, ora mostrando a video il volto delle 21 donne elette nell'assemblea costituente,  ora usando immagini fisse e in movimento sempre in proiezione come sipari tra le varie parti del suo monologo.

Senza nessuna intenzione di essere esaustiva Silvia si presenta in scena con l'idea di restituire alcuni momenti della storia di Teresa che alla sua sensibilità di donna di attrice e di cittadina le sembrano come essenziali.
Il suo battersi per la paritò tra uomini e donne, per l'accesso delle donne alla magistratura. Il coraggio di sostenere smepre le proprie idee anche contro la società benpensante, come il figlio che avrà con Bruno Sanguinetti, senza essere sposata, diventando la prima parlamentare ragazza madre.

Il racconto si interrompe quando Teresa abbandona il PCI per divergenze sul concordato mussoliniano - che
Teresa non voleva venisse recepito nell'articolo 7 della Costituzione - mentre Silvia, prima di prendersi i meritati applausi, ricorda, come dicevamo,  l'importanza della memoria storica cui il suo spettacolo vuole essere un modesto contributo.

Difattoteresa  al punto di vista strettamente teatrale,  è ben sviluppato, ben recitato,  elegante nelle soluzioni scenografiche (di Letizia Maria Martini e Letizia Bianchi) e illuminotecniche, uno spettacolo colto anche nella sua apparente semplicità.

Per amore della stessa memoria storica però non possiamo sottrarci dall'esprimere alcuni dubbi sulle scelte compiute nel testo.

Sorprende il fatto che non si faccia nemmeno il più piccolo accenno sull'attività intrapresa da Teresa dopo l'espulsione dal PCI che l'ha vista da allora e senza sosta lavorare con il cinema e l'infanzia, contribuendo sia alla ricerca didattica sul pubblico giovane, sia dando ai bambini e alle bambine, anche con handicap psichici, la possibilità di potersi esprimere autonomamente usando questo mezzo di comunicazione. Eppure lo si sarebbe potuto agevolmente accennare visto che il cinema, come proiezione di immagini in movimento, fa già parte dello spettacolo.

Lascia più che perplessi il fatto che il testo si limiti a collegare l'allontanamento di Teresa dal PCI alla questione del concordato con la Chiesa senza accennare nemmeno alla posizione critica che Teresa ebbe nei confronti dei crimini commessi da Stalin durante la sua direzione politica (l'uccisione di tutti i militanti non allineati) che a differenza di Togliatti che, pur essendone a conoscenza, aveva deciso di non rendere pubblici, Teresa era intenzionata a denunciare fatto che le costò l'espulsione dalla sezione del PCI di Firenze, intitolata a suo fratello Gianfranco, morto suicida nelle carceri di via Tasso a Roma, per non essere indotto a confessare.

Dispiace la vocazione sotterranea e quasi impercettibile del testo di fare di Teresa un personaggio romantico che, da sola, lotta per i suoi ideali non importa quali siano le conseguenze, senza mai farle davvero sporcare le mani omettendo,
per esempio, l'uccisione di Giovanni Gentile (schierato con la Repubblica di Salò) cui Chicchi partecipò attivamente.

Anche fare di Teresa la prima ragazza madre appare un fatto un po' forzato.
Teresa infatti non si era potuta sposare non per sua volontà ma perchè Bruno Sanguinetti, divorziato all'estero, in Italia risultava già coniugato. Teresa dovette prendere la cittadinanza ungherese, per potersi sposare a Budapest nel luglio del 48 mettendo così a tacere le feroci critiche di Togliatti che considerava Teresa, per la sua gravidanza fuori dal matrimonio, immorale

Una occasione mancata per denunciare il patriarcato di allora e quello di oggi che vede l'Italia ancora senza una legislazione per le coppie di fatto cui non si vuole approdare perchè divorzio e matrimonio laico sono ancora malvisti anche da una sinistra come quella italiana che ha la vocazione di porsi come stato etico.

Perchè la memoria storica è importante soprattutto nella misura in cui si confronta con il presente di cui diviene immediato strumento di comprensione altrimenti rischia di rimanere un esercizio di pratica civile sufficiente per un paese dall'alto profilo democratico ma non per l'Italia che, mai quanto oggi, soffre di una disabitudine alla democrazia insita tanto nelle istituzioni quanto nel popolo.
 

Visto il 07-03-2013
al Millelire di Roma (RM)