Spettacolo essenziale, lucido e agghiacciante per ciò che racconta, Dis-ease/Malattia è la nuova
edizione di Malattia, andato in scena sempre al teatro Sala Uno nel dicembre del 2007 nell'ambito di una rassegna sul Noir. Lo spettacolo si rifà infatti al romanzo di un grande del noir americano, L’assassino che è in me di Jim Thompson, pubblicato nel 1952 (in Italia per i tipi di Fanucci) che si impone per la narrazione audace e innovativa, dal punto di vista del protagonista, il noioso vice-sceriffo Lou Ford, la cui furia omicida è pari alla lucidità con cui descrive i suoi gesti assassini non arrestandosi dinanzi nessuno, amici, amori, giovane prostitute e figli dei boss mafiosi della piccola cittadina in cui vive.
Viene ora ripresentato come spettacolo di chiusura dell'edizione 2009 di Eventi rassegna tra teatro danza e multimedialità.
Dell'impianto da happening multimediale
(istallazioni video mandate in diretta) di quella prima versione è rimasta solo la musica dal vivo, una chitarra amplificata che sottolinea in
maniera minimalista (pochi, avveduti accordi) l'evolversi delle azioni lasciate ai soli attori e non più ai video come testimonianza del loro stato interiore.
Tavoli appesi a catene che piombano dal soffitto, qualche suppellettile casalinga e un frigorifero che contiene i cadaveri delle vittime di Lou contraddistinguono la sobria scena nel quale primeggia il killer che si rivolge direttamente allo spettatore al quale confessa, tra le altre cose, la sua insofferenza nei confronti di chi, pur potendo combattere non lo fa per indolenza o stupidità. Lou non cerca giustificazioni ma conta sulla comprensione del pubblico perchè le sue vittime sono troppo immerse nella loro storia personale per potersi accorgere dei suoi squilibri, altrimenti evidenti.
Nella scrittura drammaturgica la trama del romanzo rimane sullo sfondo, come grande archetipo del noir, tra prostitute e giovani innamorati di loro che Lou uccide quando sente tornargli la malattia che già anni prima lo aveva portato a uccidere. Dalla mano monca della giovane che tiene nel frigorifero estrae un anello che regala alla sua fidanzata alla quale chiede di sposarlo.
Protettivo nei confronti di un giovane scavezzacollo che uccide poi senza emozione dopo avergli confessato i suoi omicidi (finirà anche lui nel frigo, riuscendone nudo come testimone dei suoi delitti mentre Lou si confronta con lo sceriffo che dice di considerarlo come un figlio) Lou si muove in un mondo dove non ci sono innocenti né vittime assolute, e dove ognuno ha la responsabilità morale della propria indolenza.
In un racconto sottinteso più che ellittico (ma lo spettatore attento è messo in grado di capire tutto) la
regia incentra tutto sui personaggi e sulla loro forza narrativa: la fidanzata di Lou, pedante e indolente
che viene uccisa con diverse coltellate; lo sceriffo che, compresa la verità, non si capacita non già dei delitti del suo vice, ma di non essersene accorto prima, il giovane ragazzino che vede in Lou un fratello
maggiore, e finirà strangolato senza quasi opporre resistenza, con una cintura dei pantaloni.
Tutti i personaggi sono interpretati magistralmente da quattro attori che prestano loro anima e corpo e
vedere Diego Sepe venire verso la platea e guardare gli spettatori direttamente negli occhi tocca ogni
astante con una intensità sorprendente.
Uno dei limiti del noir, l'autoreferenzialità delle storie
raccontate, il gusto del delitto per il delitto, è qui superata e capovolta in una una storia (e una messinscena) che si cura del perchè di tanta violenza
additando come vero male della società l'indifferenza, l'assenza di emozioni (della quale sembra preoccuparsi solo Lou) diluite in un individualismo
cieco e cinico che caratterizza tutti i personaggi che lo circondano, indifferenti, mentre lui si meraviglia di non riuscire, dopo ogni omicidio, a provare qualcosa.
Una società perduta, corrotta, senza speranza, nella quale l'unico ancora capace di un punto di vista morale è proprio il carnefice, il killer. Per cui la malattia non è solo quella della pulsione a uccidere di Lou ma è anche questa consapevolezza, questa sopravvivenza di umanità che non sa più indirizzarsi verso il bene e rimane come cifra esistenziale assoluta.
Anche se uccide Lou è ancora pienamente umano non altrettanto si può dire di chi lo circonda che vive una vita da cadavere fra convenzioni e integrazioni sociali.
Uno spettacolo preciso, intelligente nella sua messa in scena (e dopo gli applausi finali gli attori escono di
scena attraverso il frigo). La rassegna Eventi non poteva concludersi in maniera migliore
Roma, Teatro Sala Uno dal 25 Febbraio all'8 Marzo 2009
Visto il
al
Sala Uno
di Roma
(RM)