Martina Franca (TA), palazzo ducale, “Don Bucefalo” di Antonio Cagnoni
DON BUCEFANO NEGLI ANNI CINQUANTA
Il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca, giunto alla sua 34esima edizione, ha il grande pregio di presentare ogni anno al pubblico titoli in prima esecuzione nei tempi moderni, riscoprendo non solo titoli passati nel dimenticatoio ma anche autori che, già noti nei loro tempi, ora non ricorda quasi nessuno. Quest’anno, accanto al Re pastore, musicato da Niccolò Piccinni su libretto del Metastasio e al Pelagio di Saverio Mercadante, è stata rappresentata il Don Bucefalo, opera giovanile del compositore lombardo Antonio Cagnoni (1828 – 1896).
Il Cagnoni, compositore che nella folta schiera degli operisti minori dell’Ottocento italiano, spesso ingiustamente dimenticati, occupa un posto di rilevo, scrisse numerose opere che incontrarono il favore del pubblico, soprattutto nei teatri di Torino e Milano. Solo una ebbe, però un notevole successo, Don Bucefalo, composta nel 1847 ad appena 19 anni come saggio finale dei suoi studi al Conservatorio di Milano. Il lavoro, che doveva essere solo il saggio di fine anno scolastico, fece improvvisamente catapultare il Cagnoni al centro di un successo europeo destinato a durare per decenni. La vena espressiva di Cagnoni si realizzò compiutamente nel genere buffo che, attorno alla metà dell’Ottocento, conobbe una rinnovata fortuna; a questo particolare momento appartiene Don Bucefalo.
Don Bucefalo è un maestro di cappella borioso, che giunge a portare scompiglio in una comunità di contadini, realizzando gags molto divertenti che, oltre ad innegabili doti canore, richiedono anche una notevole capacità interpretativa sul piano recitativo. Il maestro ode cantare alcune contadine di Frascati e ne rimane colpito; offre loro lezioni di canto, lusingandole con promesse di gloria. Giannetta, Agata e Rosa abboccano; quest’ultima si consola della presunta vedovanza con il conte di Belprato e con il vecchio Don Marco. Carlino, il marito, torna inaspettatamente e apprende di quegli intrighi amorosi. La vicenda si snoda tra i battibecchi delle contadine, che si contendono il ruolo di prima donna, le peripezie dei loro amanti e le velleità artistiche di Bucefalo; il culmine giunge nel terzo atto, allorché il maestro di musica allestisce la sua nuova opera. Rosa ne è la prima donna ma, proprio al momento della sua entrata in scena, ecco comparire Carlino che reclama la moglie, creando lo scompiglio generale. Don Bucefalo si dispera per il fallimento della prova; Agata e Giannetta, invidiose di Rosa, esultano per la sua imminente punizione; il conte trema. Naturalmente tutto finisce per il meglio e Rosa si pente, giurando fedeltà al marito ritrovato.
La trama segue il modello del teatro nel teatro che riporta a una diffusa tradizione volta a rappresentare il mondo del teatro lirico dell’epoca, di cui mostra le dinamiche creative e produttive in una situazione di burla. Ne viene fuori un’opera che è ricolma di trovate musicali e drammaturgiche. Sebbene attinga alla tradizione più consolidata dell’opera buffa italiana (bassi ciarlieri, tenori e soprani lirici, cavatine in due movimenti senza il tempo di mezzo, ricorso al recitativo secco e ai dialoghi in dialetto napoletano), facendone propri gli schemi, dai ruoli vocali fino alla scrittura dei recitativi, riesce a rielaborarla alla luce dell’evoluzione del linguaggio musicale di quegli anni e di una fantasia quanto mai fervida. Molteplici dunque gli echi della tradizione (da Paisiello a Cimarosa, a Rossini, a Donizetti, al giovane Verdi) di cui il giovanissimo compositore dimostra una sorprendente padronanza: molti, ascoltando Don Bucefalo avranno ricordato l’Elisir d’amore oppure Il signor Bruschino. Colpisce la capacità di strumentazione, una scrittura vocale dagli esiti virtuosistici e brillanti, una felice capacità di amalgamare voci e orchestra, una vena melodica accattivante e un serrato andamento ritmico che non lascia spazio alla noia. Alcuni dei momenti più esilaranti dello spettacolo sono la lezione di canto che occupa gran parte del primo atto o, nel secondo, la fase in cui Don Bucefalo concepisce la partitura per la nuova opera di tema storico antico romano, tentando di costruire la frase musicale sulla musicalità e sul ritmo del testo per poi passare alla concertazione strumentale dell’orchestra. Un momento che fornisce all’interprete di Don Bucefalo l’occasione di mettere in campo tutte le sue doti di attore, essenziali per rendere al meglio tutta la scena.
Il regista Marco Gandini ha riletto l’opera ambientandola, tra l’altro senza scadere nel banale o nell’incongruo, nella campagna romana degli anni cinquanta del secolo passato, anni in cui nasceva il desiderio di fare successo nel mondo dello spettacolo; ne è risultata una regia dinamica e scorrevole, che ha dato giusto rilievo alla comicità dell’opera buffa. Semplici le scene di Italo Grassi, consistenti in un lungo muro esterno, sulla strada Roma – Frascati, che diventa volta a volta stanza da letto, sala prove, palcoscenico del teatro nel teatro. Belli e intonati alle scene i costumi di Silvia Aymonino.
La partitura è stata resa con il giusto equilibrio dall’Orchestra Internazionale d’Italia, diretta egregiamente dal Massimiliano Caldi.
Omogeneo e ben affiatato il cast che ha visto primeggiare il basso-baritono Filippo Morace nel ruolo di Don Bucefalo, che è riuscito senza cedimenti a catturare l’attenzione e l'entusiasmo del pubblico, anche per la grande presenza scenica come buffo. Bravi anche gli altri interpreti: il soprano Angelica Girardi nel ruolo di Rosa, il Conte di Belprato del tenore Francesco Marsiglia, il mezzosoprano leccese Francesca De Giorgi in Giannetta e il baritono Graziano De Pace in Don Marco. Disomogenea nel colore e nella consistenza la voce del soprano Mizuki Date nel ruolo di Agata, che inoltre non ha curato a sufficienza la parte espressiva, così pure poco omogenea ed eccessivamente debole nel confronto con la massa sonora dell’orchestra, la voce del tenore Massimiliano Silvestri nelle vesti di Carlino. Buona la prova del Coro Slovacco di Bratislava guidato da Pavol Prochazka.
Tutto esaurito per le due rappresentazioni e successo decretato da un pubblico sempre più internazionale ma chiacchierone, in una serata fredda e notevolmente ventosa.
Visto a Martina Franca (TA), palazzo ducale, il 22 luglio 2008
Mirko Bertolini
Visto il
al
Nuovo
di Martina Franca
(TA)