Prosa
DON FAUSTO

Civitanova Marche Alta (MC), …

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Civitanova Marche Alta (MC), teatro Annibal Caro, “Don Fausto” di Antonio Petito FAUST E PULCINELLA Antonio Petito è stato uno dei Pulcinella più famosi della storia, ruolo per il quale ha scritto una cinquantina di farse, o piuttosto dettato, essendo praticamente analfabeta. “Don Fausto” rientra nel novero delle parodie, dove l'autore rielabora opere conosciutissime avvicinando il pubblico popolare a temi ed autori da cui era escluso. La vicenda racconta di don Fausto Barilotto, il quale esce di senno e crede di essere il Faust di Goethe per via di quel nome così simile. Don Liborio, capocomico di provincia, si offre di aiutare la sorella donna Bernarda Barilotto a guarirlo invece di portarlo allo “stabilimento dei pazzi” e, a questo fine, ricrea ambienti e situazioni in modo tale che don Fausto, ripercorrendo le avventure del personaggio che crede di essere, catarticamente torni in sé. Così viene allestito un “viaggio” per prendere coscienza di sé e dei propri desideri, capacità e limiti, al termine del quale don Fausto avrà consapevolezza di essere se stesso e nessun altro. Il protagonista appare come un don Chisciotte napoletano, accompagnato da Margherita-Pulcinella, Mefistofele-don Liborio, Marta-donna Bernarda e Luciano-Valentino, ma sempre nel solco del racconto di Goethe: il patto col diavolo, l'incontro con la strega che lo fa magicamente ringiovanire, la scena della cantina, l'amore fulminante per Margherita, che poi viene imprigionata e successivamente salvata da un improbabile angelo, davanti al quale don Fausto si libera dei suoi fantasmi e manda tutti affanculo. Don Fausto se ne va, ma gli altri personaggi restano, come se l'effetto di quella artificiosa rappresentazione si fosse ritorto contro chi l'aveva ordita. L'adattamento di Arturo Cirillo mette al centro l'insanabile insoddisfazione dell'uomo con i mezzi di un teatro povero ed ingenuo. Azzeccate alcune trovate registiche, Pulcinella entra in scena a cavallo di un enorme uovo dentro cui c'è l'impazzito don Fausto; la serenata di Faust a Margherita come nel Cyrano (le parole suggerite da Mefistofele). Con un'inversione nel modus operandi, qui Cirillo non appare in veste di attore e “frena” la comicità del testo, smorzando i toni della farsa per privilegiare un terreno tra realtà e surrealtà, con echi di voci e rumori di strada, accenni etnici, credenze popolari, le musiche evocative di Francesco De Melis. Il risultato è lento come un sogno, popolare e al tempo stesso raffinato, con il senso del teatro proprio di Cirillo, ma non ha presa sul pubblico che rimane poco coinvolto. Affiatati e perfetti nei ruoli gli attori, Salvatore Caruso (don Fausto), Rosario Giglio (don Liborio), Sabrina Scuccimarra (un ambiguo Pulcinella-donna), Antonella Romano (donna Bernarda) e Luciano Saltarelli (Valentino). Scene minimaliste di Massimo Bellando Randone (due frammenti di muro fangoso e screpolato come i “Cretti” di Burri, una gru azionata a mano e varia attrezzeria) e costumi d'epoca di Gianluca Falaschi. Le luci di Andrea Narese facilitano la caratterizzazione delle situazioni. Pochi spettatori, pubblico tiepido. Visto a Civitanova Marche Alta (MC), teatro Annibal Caro, il 23 gennaio 2008 Francesco Rapaccioni
Visto il
al Boni di Acquapendente (VT)