Dopo tanto lavoro di preparazione, giunge il momento di affrontare il pubblico. Eccoli finalmente alla prova del fuoco i vincitori del Concorso Lirico Tullio Serafin, alle prese con il Don Giovanni di Mozart che segna, nell'aulico spazio del Teatro Olimpico, il clou del Festival Vicenza in Lirica 2022.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Tanti i ruoli messi in palio quanti ne richiede l'opera in concorso: vale a dire ben otto. Tutti assegnati dalla giuria meno uno, quello del protagonista. Ragione per cui si è convocato un giovane basso-baritono in avvio di carriera, il ventiseienne leccese Francesco Samuele Venuti che, in verità, al debutto nel ruolo se l'è cavata egregiamente. Il suo è un Don Giovanni disinvolto, insinuante, energico, ed indubbiamente molto musicale. La voce, senza apparenti limiti di sonorità ed estensione; giusto il fraseggio, minima l'enfasi, il timbro incisivo e morbido al tempo stesso. Da tenere d'occhio.
Nel cast, vincitori e non
Naturalmente, c'è chi desta maggior impressione di altri. Ci sono molto piaciute la voci sopranili dell'ucraina Yuliya Pogrebnyak, che ha delineato una toccante Donn'Anna; ma ancor più quella della calabrese Marily Santoro, una Donna Elvira vocalmente attraente e dalla veemente passionalità, con conveniente resa di sfumature e mezze tinte.
La scelta di Massimo Frigato quale Don Ottavio sconta la perdurante scarsità di buone voci tenorili. Veneto di Rovigo, porta in dote una corretta e ben amministrata linea di canto, non sempre però esaltante; uniformità interpretativa e ridotta personalità, sono limiti tuttavia superabili con una maggiore esperienza. Ben assortita e garbata risulta la coppia agreste Masetto/Zerlina, tratteggiata con naturalezza interpretativa e freschezza vocale dal baritono bolognese Gianluca Andreacchi e dal soprano campano Sabrina Sanza.
Alla prova generale ed alla prima il Commendatore era reso efficacemente dal solido basso italo-canadese Enrico Rinaldo, mentre Leporello aveva la baldanza vocale, il pepe, il guizzo villanesco del bravissimo baritono romano Giacomo Nanni. Questo, poiché i vincitori dei due ruoli, Strahinja Djokovic e Marco Saccardin, per una momentanea indisposizione, han potuto presenziare solamente alla seconda recita in cartellone.
Orchestra, direttore, coro
In buca l'Orchestra Sinfonica dei Colli Morenici, sotto la guida di Edmondo Mosè Savio. Attento e corretto accompagnatore – le giovani voci necessitano di un buon sostegno, e d'uno stacco dei tempi preciso – Savio si palesa un concertatore pulito e onesto, ma povero di mordente, di slancio, negandoci molti effetti dinamici e cromatici. Naviga sicuro e porta la sua nave in porto indenne, certo; ma senza coprirsi di gloria.
I componenti del Laboratorio Corale VOC'è, preparati da Alberto Spadarotto, rimangono relegati in buca, senza partecipare allo spettacolo. A dispetto del forzato esilio, l'ensemble veneto si mostra preciso ed armonioso. Per inciso, l'opera mozartiana è stata eseguita senza la scena ultima, concludendosi con lo sprofondare del torvo protagonista agli Inferi.
Dove sono le scenografie?
Considerato nell'insieme, questo Don Giovanni è uno spettacolo di francescana povertà, solo in piccola parte giustificata dalle severe restrizioni imposte dallo storico edificio palladiano. Abiti moderni, bianchi ed eguali per tutti - nobili, servi e contadini - per cui difetta la necessaria, singola caratterizzazione. Li firma Leila Fteita, che in teoria sarebbe responsabile della 'scenografia'.
Cioè appena due sedie, e nulla più. Neppure due semplici cavalletti ed una tavola di legno per la mensa di Don Giovanni, sostituita da una tovaglia stesa per terra. Molto ben studiate, comunque, le luci di Cecilia Tacconi. L'asciutta e parca regia di Marina Bianchi, qui assistita dalla giovanissima Anna Perrotta, ottiene significativa credibilità da ogni interprete, ed imprime un andamento drammaturgico snello e spedito. Ma non resterà impressa nella nostra memoria.