Lirica
DON GIOVANNI

Don Giovanni newyorkese

Don Giovanni newyorkese

Dopo Le nozze di Figaro di due anni fa, Rosetta Cucchi ripropone al Teatro Comunale di Modena il “suo” Don Giovanni, in un legame con la trilogia mozartiana che la porterà a mettere in scena nel 2017 Così fan tutte. Rispetto alla precedente opera la Cucchi sposta l’ambientazione di qualche decennio, negli Stati Uniti degli anni Ottanta, in piena epoca reaganiana. La fa da padrona una società spensierata, priva di valori e di ideali, in cui sono incisivi solo il piacere e il divertimento. Don Giovanni è una star e vive in un disco pub che ricorda lo Studio 54, la mitica discoteca newyorkese punto di riferimento degli eccessi della Grande mela. Il protagonista è prigioniero di questa società di vizio e lui stesso ne è schiavo, tanto che non può fare a meno di rivedere i suoi successi e i suoi eccessi immortalati continuamente dalla macchina fotografica dello scagnozzo Leporello. Il primo atto si svolge perciò dentro e fuori questo locale, dove i personaggi trovano una collocazione e una interpretazione sociale che la Cucchi riesce a infondere alla regia. Donna Anna viene violentata su un taxi; Donna Elvira sembra essere una prostituta o almeno una delle ragazze della disco; Masetto e Zerlina due provinciali in cerca dei bagliori della grande metropoli. Don Giovanni si autodistrugge nelle sue passioni smodate e tenta di portare in questa sua autodistruzione tutti i personaggi che lo circondano. Ecco che il cimitero del secondo atto non è altro che la camera oscura in cui vengono immortalati i suoi successi, le sue conquiste, i suoi delitti, quasi in una volontà di perpetuare il male fatto in eterno. In questa ottica il dissoluto verrà punito; il riferimento alla strage dell’Aids è palese, se si pensa che venne vissuta come una punizione dei vizi sessuali. La regia della Cucchi rivela uno studio approfondito della tematica, anche se risente di un già visto in altri contesti. La vicenda scorre velocemente ma alcuni personaggi vengono solamente abbozzati e altri rischiano di essere fin troppo caricaturali. Qualche prevista contestazione non riesce a non far apprezzare questa originale rilettura del dramma, anche se a volte sembra che la incantevole partitura mozartiana serva solo da supporto alla regia.

La direzione del maestro Aldo Sisillo rivela uno studio attento e un gesto sicuro, con tempi appropriati, anche se tendenti al lento. Buona la tenuta dell’Orchestra regionale dell’Emilia Romagna. Sisillo ha però faticato non poco ad adattare il suono alla regia, riuscendo ad avere un buon rapporto con le voci sul palcoscenico.

Scenicamente ineccepibile Alessandro Luongo nel ruolo del titolo; il baritono toscano ha dimostrato di essere pienamente nel personaggio e nella visione della regista: la bella voce e la tecnica adatta hanno dato vita a un personaggio credibile e la sua disinvoltura ha permesso di creare un Don Giovanni cinico, sensuale e crudele ma nello stesso tempo fragile ed emotivo. Autorevole Antonio Di Matteo nel Commendatore. Yolanda Auyanet è stata una impareggiabile Donna Anna, bella voce sicura e morbida, timbro ricco ed espressivo, calata perfettamente nel personaggio mozartiano ottenendo un risultato eccellente. Il Don Ottavio di Francesco Marsiglia convince ed è vocalmente espressivo unendo buona tecnica a bel timbro. Raffaella Lupinacci è una Donna Elvira perfetta nella visione della Cucchi, con voce morbida e sicura e timbro caldo. L’esperienza di Roberto De Candia ne fa un buon Leporello dal canto sicuro e corretto. I ruoli di Masetto e Zerlina vengono ricoperti da due studenti del CUBEC Accademia di Belcanto di Modena: mentre per Ayse Sener il debutto assoluto rivela una bella voce e una buona tecnica, anche se da formarsi definitivamente, non convince per nulla Felipe Correia Oliveira. Appena sufficiente la prova del Coro Lirico Amadeus diretto dal maestro Stefano Colò.

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