Prosa
DON GIOVANNI

Il Don Giovanni di Cirillo: metti nel frullatore Molière, Da Ponte e Mozart

Arturo Cirillo
Arturo Cirillo © Tommaso Le Pera

Il Don Giovanni firmato Arturo Cirillo, protagonista e regista. Iniziamo: tritate finemente Molière, Da Ponte e Mozart (un trito dove i componenti siano di grandezza omogenea, mi raccomando); mescolate bene su un palcoscenico abbastanza ampio; aggiungete una corposa dote di farsa napoletana alla Eduardo Scarpetta, in modo che lieviti di nascosto ed esploda a due terzi dello spettacolo, quando nessuno se l’aspetta; fate gestire il tutto ad almeno sei attori (che dovranno fare i doppi e tripli turni). 


Alla fine avrete questo brillante, a tratti scoppiettante e più spesso lugubre Don Giovanni. L’effetto-poliedro della forma scenica e drammaturgica, cercato con tutte le forze e costruito passo dopo passo, è stato ottenuto in pieno. Da una parte si vive alla giornata, in un mondo dove l’aspetto tragico delle azioni e soprattutto delle loro conseguenze viene sistematicamente ridicolizzato e messo alla berlina (duelli mortali cercati e accettati con la stessa nonchalance di un caffè al bar); dall’altra parte c'è la mannaia del destino già scritto e ineluttabile  che si avvicina passo dopo passo, ma invisibile.

Il pubblico ha gradito l’allestimento e l’impianto generale della narrazione, con molti applausi a scena aperta (ovviamente quasi tutti nella parte comica e paradossale).

L’inizio è traballante. Il testo è in italiano antico, aulico, comprensibile solo facendo molta attenzione. A peggiorare la situazione c'è un audio scadente: l’unico di cui si capisce distintamente cosa dice è Arturo Cirillo/Don Giovanni. 

Il suo alter ego Giacomo Vigentini/Sganarello è perfetto nella presenza scenica, nei movimenti e nella mimica facciale: ma si capisce  ciò che dice solo quando la bocca è rivolta verso la platea, cosa abbastanza incomprensibile. Semplicemente inintelligibili gli altri, soprattutto i personaggi femminili: tranne quando parlano a voce decisamente alta.  Le cose vanno meglio da un terzo dell'opera in poi, anche se non è chiaro il perchè.

Un mix di opera recitata e prosa cantata

Quando si inizia a sentire meglio ciò che accade sul palco, si scopre che  lo spettacolo è in realtà un inedito e intrigante mix. Immaginate il testo del Don Giovanni di Mozart, ma parlato: recitato come normale prosa, ma con tutte le rime e le frasi ripetute dell’opera. Senza musica. Poi compaiono dei sottofondi musicali tratti dall’opera, che diventano improvvisamente stacchi musicali veri e propri, mentre il testo cessa di essere quello di Da Ponte per diventare quello di Moliere ne  Il Don Giovanni o il Convitato di Pietra, con ampie licenze poetico/drammaturgiche. 

Poi ritorna la lirica recitata, la prosa è accompagnata in musica, e così via fino a quando irrompono il lessico e le gag verbali della farsa: con tanto di inflessione napoletana dell’attore che interpreta un commerciante popolano creditore. E’ il Signor Quaresima di un ottimo Rosario Giglio, che fa altri due personaggi: Don Luigi e il Commendatore/Convitato di Pietra.

La scena sembra un cimitero

Perché abbiamo definiti lugubre questo Don Giovanni? La scena, con una scalinata e una ringhiera di marmo, ha sullo sfondo degli alti cipressi: potrebbe essere una villa padronale, ma sembra di più un cimitero. I personaggi sono tutti vestiti di nero per tutta la commedia o dramma che sia. L’unico che ha un mantello rosso è Don Giovanni, ed è una scelta decisamente metaforica. Don Giovanni è un personaggio iperbolico, paradossale, che sfida la morte ogni giorno nei duelli che provoca solo per difendere il suo stile di vita. 

In lui il confine tra la vita e la morte è labile: come un mantello rosso che può essere indossato in un attimo a coprire la realtà. Don Giovanni non ha paura di morire, per questo sfida la morte e – per coerenza – nega ogni forma di trascendenza e giudizio divino. Sganarello è il suo alter ego, la sua coscienza ammonitrice: e sappiamo quanto vengono ascoltati i vari grilli parlanti

Il passato presenta il conto

Il passato però presenta il conto a Don Giovanni tutti i giorni: come quando il cavaliere non riesce a liberarsi della presenza di Donna Elvira (Giulia Trippetta) da lui sedotta e abbandonata; o quando Don Giovanni deve nel finale fare i conti con il fantasma del Commendatore, il padre della sua concupita Donna Anna, che ha ucciso in duello. 

La fine si conosce: Don Giovanni sprofonda all’Inferno da lui negato fino a poco prima, senza rinnegare il suo stile di vita. Il giovane Francesco Petruzzelli, proprio in qualità di attore giovane ed energico, deve giostrare su ben quattro ruoli: ma se la cava egregiamente.

Visto il 14-01-2025
al Ivo Chiesa di Genova (GE)