Il Don Giovanni va in bianco. Di applausi e di successo. Purtroppo l’allestimento del polacco Znaniecki delude sotto molti aspetti, a partire dalla lettura, molto diversa e destabilizzante rispetto ai canoni tradizionali ma anche solo del buon gusto, quello dell’opera seria, fatta in “un certo modo”. Molti i fischi e le facce scure a fine recita, che riassumo bene uno scempio di intenti e di cuore. Inizia a suonare l’orchestra, con il palcoscenico ancora chiuso da una sorta di saracinesca, su cui viene proiettata, grazie a dei giochi di luce, una serie di numeri. Scenografia discutibilissima: una grande costruzione a forma di vaso/imbuto, che domina tutto il palcoscenico, dalle tonalità scure; poi una porta, da dove entrano ed escono i personaggi; in alto delle finestrelle sporadicamente illuminate da fiochi fari.
Ma è la desolazione del contorno che lascia attoniti (visivamente ecco tutto il backstage, con fili vari e ponteggi), oltre alla desolazione di chi assiste impotente a cotanto scempio. Il famigerato vaso girevole, a circa a metà del primo atto, si gira completamente, mostrando che all’interno c’è una giostra di cavalli, sempre coi soliti numeri proiettati. Alla fine del 2° atto la scena cambia per la rappresentazione del cimitero: povera, con delle lapidi ai lati e, alla fine, sconvolgente, appare la donna crocefissa a seno nudo.
Luci inesistenti; tutta l'opera si svolge praticamente alla semioscurità, oltre ad alcuni problemi tecnici all’impianto luci, per cui la direzione del Ponchielli si scusa. Due continui deboli fari che illuminano i protagonisti, con luci alternanti rosse e verdi a dispetto del cupo regnante.
Costumi molto poveri per gli uomini; le tre protagoniste donne, con costumi bianchi stile révolution française (aperti davanti, calzamaglia nera e giarrettiera rossa). Oscene le contadine, con abiti metallizzati e poi di colpo a seno nudo. Nell’insieme, un allestimento mal gestito, di qualità scarsa, anche un po’ volgare e, senza farei bacchettoni, non fors’anche per gli amplessi mimati da Don Giovanni, un momento tagliabile e fuori luogo.
E la musica? La si lascia per ultima, non a caso. Come se non esistesse, povero Mozart. Interpreti quasi inudibili, come se fossero delle comparse nel meccanismo perverso del lavoro. Ma è anche meglio, vista la qualità mediocre delle voci, pur quotate nel settore. Ringraziamo Znaniecki, che con la sua regia ha come stuprato l’opera. Purtroppo eccole le conseguenze di certe attualizzazioni e di certi sforzi registici, quelli del voler stupire a tutti i costi, e ormai spesso troppo comuni, anche nei tempi sacri delle opere liriche.
Visto il
al
Ponchielli
di Cremona
(CR)