Macerata, teatro Lauro Rossi, “Don Giovanni” di Wolfgang Amadeus Mozart
DON GIOVANNI ALLO SPECCHIO
L'opera inaugurale fa da cerniera tra l'attuale stagione, dedicata all'inganno, e la precedente, dedicata alla seduzione: Don Giovanni, seducente e ingannatore, è il raccordo tra le tematiche.
Pier Luigi Pizzi, autore come sempre di regia, scene e costumi, è particolarmente affezionato a questa opera, che ha segnato il suo debutto come scenografo (Genova, 1952) e poi come regista (Torino, 1977). Per Macerata ha scelto la versione viennese del 1788 e ha disegnato una vuota inclinata, aperta su uno sfondo vuoto, con specchi posizionati sul lato sinistro in modo da rimandare i palchi creati dal Bibiena nel 1774 e i personaggi, rivelando ogni dettaglio dell'azione, senza pudore ma anche senza voyeurismo.
Lo spettacolo è fatto dai costumi settecenteschi e sontuosi, stoffe splendide, colori raffinati, dettagli curatissimi (la maschera di Don Giovanni nel primo atto realizzata con una lunga striscia di stoffa girata intorno alla testa) che imprimono una forte iconicità alla messa in scena. Le luci di Sergio Rossi contribuiscono a rendere l'atmosfera soffusa dei boudoirs dipinti da Boucher. L'unico elemento scenico è un letto sfatto che appare più volte mentre il sipario va e viene per i cambi di ambiente, un letto su cui tutti si tuffano, non solo Don Giovanni. Efficace l'alto gradino sotto la pedana per le situazioni di nascondimento in proscenio.
Sulla sinfonia si assiste alla vestizione di Don Giovanni, aiutato da Leporello a cui lo lega una complicità oltre il ruolo padrone-servitore. Così la cavatina di Leporello è ancora più efficace, poiché lo si è appena visto “faticare”, servire il gentiluomo. Ottimo che, quando Elvira attacca la sua cavatina, Don Giovanni e Leporello rotolano da un lato all'altro del palcoscenico, invisibili alla donna. Ha convinto di meno, durante il catalogo, che Leporello si spogli, si prenda delle libertà con Donna Elvira sul letto, arrivando a farci sesso. La regia sottolinea l'erotismo, si sofferma sul rapporto fisico che lega i personaggi, i quali si abbracciano, si toccano, si stringono: Don Giovanni canta “Là ci darem la mano” con Zerlina in braccio, tutti si spogliano e si vestono in continuazione, oppure si rotolano sul letto (tranne Don Ottavio, clericaleggiante e sempre vestitissimo), torna più volte il feticismo del piede nudo. Dopo l'incontro con il convitato di pietra Don Giovanni viene ghermito da corpi biancastri e nudi che lo divorano. Il finale conferma lo sguardo brioso e giocoso, per niente cupo: in genere ci si chiede se il mondo ritrovi, in senso maggiormente illuministico, il proprio equilibrio senza l'elemento perturbatore (Don Giovanni) oppure, più romanticamente, il mondo giri a vuoto poiché privato all'improvviso del suo fulcro gravitazionale (Don Giovanni). Qui c'è una gran festa che coinvolge tutti, con ironia e distacco: solo Leporello piange il disparte.
Riccardo Frizza frequenta spesso il repertorio di belcanto; alle prese con Mozart lo rende pieno di energia, con tempi non scontati e un suono carico di ambiguità, seppure emergano poco le trasparenze cristalline. Buona la prestazione della Filarmonica marchigiana, soltanto sottotono il clavicembalo.
La compagnia di canto è compatta e molto affiatata e ciò, insieme alla credibilità fisica nei ruoli, contribuisce al risultato positivo.
Ildebrando D'Arcangelo ha una delle voci di basso più belle che ci siano in circolazione: il timbro è ampio, morbidissimo, ricco di scure e vellutate screziature, unito a una grande comunicativa fisica; nella sua carriera ha cominciato con Masetto (un Masetto di grande lusso), poi è stato Leporello (anche recentemente a Santa Cecilia e alla Scala) ed ora il ruolo del titolo: il suo Don Giovanni, latino ed atletico (fa le flessioni in scena), seducente, seduttore e ingannatore, irretisce anche Leporello, complice e amico (se non altro), con cui sin dall'inizio scherza e si rotola sul letto.
Andrea Concetti è un vivace Leporello, che supera il ruolo stereotipato del servo: amico e complice di Don Giovanni, tesse relazioni con ogni personaggio; la voce è notevole e usata perfettamente.
Carmela Remigio debutta nel ruolo di Donna Elvira, dopo essere stata un'ottima Donna Anna in questi anni; la parte di Elvira è giocata quasi per intero sul settore centrale e la Remigio la affronta con fare aristocratico (e la scena che meno le si addice è quella sul letto con Leporello) e voce salda, creando una Elvira raffinata; la voce è di un fascinoso timbro scurito (ma resta una Elvira “chiara” al paragone coi mezzosoprani), sostenuta da un'emissione che il solido appoggio rende morbida e duttile nei passaggi.
Myrtò Papatanasiu, dalla voce potente e a momenti poco controllata nel registro alto, è una Donna Anna fragile e nevrotica, frenetica e agitata.
Marlin Miller ha voce di bel colore e morbida, ma poco a fuoco e sbiancata nelle salite verso l'alto; il suo Don Ottavio clericaleggiante non si spoglia mai in scena (è l'unico).
Freschi e teen-aged Zerlina e Masetto: lei, Manuela Bisceglie, acerba, lui, William Corrò, a corto di fiato. Poco tonante il Commendatore di Enrico Iori. Con loro il coro dei contadini, composto da Giuseppina Brindelli, Francesca Pacileo, Paulo Lopes Paolillo e Andrea Zaupa, allievi della Scuola dell'opera di Bologna con cui lo Sferisterio ha sottoscritto un protocollo volto a favorire la formazione di giovani cantanti. Che però canteranno dove? Non in Italia, vedendo gli scellerati tagli del governo al Fondo Unico per lo Spettacolo.
Teatro tutto esaurito da mesi per tutte le recite: è necessario pensare a una ripresa dello spettacolo.
Visto a Macerata, teatro Lauro Rossi, il 23 luglio 2009
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Lauro Rossi
di Macerata
(MC)