Milano, teatro alla Scala, “Don Giovanni” di Wolfgang Amadeus Mozart
DON GIOVANNI NUDO
Dopo il Don Giovanni di Strehler che debuttò nel 1987 ed è stato ripreso tre volte, alla Scala non si poteva che fare un Don Giovanni completamente diverso. La carica simbolica e politica di libretto e partitura non cambiano, infatti, con il cambiare delle ambientazioni, rimanendo sempre un’opera i cui termini geografici e politici sono sempre contemporanei e chiari. Consequenziale al suo potenziale politico è la capacità di sorprendere e di scandalizzare sempre. Peter Mussbach, soprintendente dell’Opera di Berlino, ha creato uno spettacolo essenziale, elegante e dominato dal vuoto: il suo Don Giovanni è chiuso in un palcoscenico foderato da alte mura bianche senza visibili aperture, al centro due grandi parallelepipedi neri semoventi, quinte mobili che creano spazi diversi a seconda del momento. Splendide le luci create da Alexander Koppelmann, colori netti, tagli decisi, la capacità di creare luoghi sempre nuovi solo con il colore e la luce. Abiti contemporanei (disegnati da Andrea Schmidt-Futterer), il protagonista con l’immancabile palandrana nera. Un allestimento “nudo”: nessun mobile, nessun oggetto, nessun attrezzo di scena, a parte un ombrello, un ventaglio e un paio di spade. E la vespa su cui scorrazza Donna Elvira. L’ombrello passa di mano in mano, senza che sia chiaro il perché. Il ventaglio è in mano a Don Ottavio, il quale si sventola come un dandy vittoriano, timido e pauroso, rendendo poco credibile il personaggio. Le spade servono al duello tra Don Giovanni e il Commendatore, inserito alla fine con poco significato. E questo è tutto. Nessuna novità registica, a parte i protagonisti che spesso si sdraiano in scena. E poche azioni dei protagonisti corrispondono al cantato. Ne fanno le spese soprattutto i personaggi, che si trovano ad affrontare l’enorme vuoto del palcoscenico senza sapere come riempirlo e restano così, un poco indefiniti.
Carlos Alvarez ha una bella voce, il timbro scuro e pastoso e crea un Don Giovanni affascinante e suadente.
Leporello è un saltimbanco che pochi problemi si pone, se non quello di assecondare e coprire il suo padrone e alla fine trovarsene un altro. Ildebrando D’Arcangelo ha una delle voci di basso più belle che ci siano in circolazione, dal colore brunito, dall’emissione sicura e controllata; tuttavia la prestazione non convince fino in fondo, ma forse non era in serata (a Santa Cecilia era stato eccellente).
Francesco Meli è un Don Ottavio dalla voce potente ma talmente corposa da parere a tratti rallentare la partitura; qualche incertezza in “Dalla tua pace” ma nel complesso la sua è stata una buona prestazione in una parte vocalmente scomodissima.
Ottimo Alex Esposito nei panni ormai familiari di Masetto, anche se è talmente bravo che sembra sprecato nel ruolo, a vantaggio di quello più articolato di Leporello che canta nel secondo cast.
Monica Bacelli ha interpretato in modo convincente il ruolo di Donna Elvira, forte e vendicativa, piena di rabbia e di furore vendicativo quasi erinnico. La sua figura, molto sexy, vestito aderente nero con molte velature, scarpe rosse con tacchi a spillo vertiginosi, sfreccia in vespa per il palcoscenico all’inseguimento di Don Giovanni, o forse di un fantasma che non riesce a catturare, o piuttosto di un passato che non riesce a dimenticare. Da qui la sua rabbia, esternata in una gestualità plateale, da tragedia greca, braccia al cielo, ampi movimenti di mani, esasperazione della mimica. Efficace.
Sempre brava Carmela Remigio nel ruolo di Donna Anna, voce bella e controllata, ricca di sfumature, sicura nelle colorature e nelle agilità che caratterizzano l’insidioso ruolo e capace di rendere appieno le svolte interiori di un personaggio complesso e articolato. Nella prima scena monta Don Giovanni, cosa vista e studiata da sempre.
Buona la prestazione di Veronica Cangemi nelle vesti giovanili di Zerlina, tutta “fru fru” (se Andrea Vitali mi consente di prendere a prestito questa espressione dal suo romanzo “Olive comprese” pubblicato da Garzanti).
Con loro il Commendatore è Attila Jun, che assomiglia più ai mimi argentei che si vedono nelle strade delle metropoli che al personaggio dapontiano.
Il secondo cast denota maggiore affiatamento tra i cantanti, al punto che sembra quasi un’altra regia, più compiuta, più divertente, più curata nei gesti e nella caratterizzazione dei personaggi.
Erwin Schrott è un grande Don Giovanni e negli ultimi anni è divenuto uno specialista del ruolo, acquisendo una notevole sicurezza in scena. Il giovane uruguayano ha una voce che è un dono divino, con quel colore scuro e quel suono caldo che emozionano l’ascoltatore sempre. Il controllo dei fiati è ottimo e i registri perfetti ed omogenei, nel registro basso la sua voce ha delle sfumature e una gamma di colori sublimi.
Alex Esposito è un Leporello eccellente, esemplare per vocalità ed attorialità: non è l’alter ego del suo padrone e crea un personaggio buffo che però non scivola nel clownesco.
Jeremy Ovenden è un Don Ottavio dalla voce non enorme ma corretto, soprattutto nelle agilità, affrontate con sicurezza. Ottima la dizione.
Deludenti la Donna Elvira di Annette Dasch e la Donn’Anna di Anna Samuil. Con loro Sylvia Schwarz (Zerlina), Francesco Verna (Masetto) ed Ernesto Panariello (il Commendatore).
Gustavo Dudamel era attesissimo, il suo modo fisico di dirigere è unico, ampi e plateali movimenti di braccia, i capelli che fluttuano nell’aria in ricci neri scomposti. Questo si riflette anche nel suono orchestrale, un poco confusionario e non omogeneo, ma l’orchestra della Scala è sempre ottima, in ogni sezione. Ma Dudamel è così giovane e promettente..
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto a Milano, teatro alla Scala, il 16 e il 17 ottobre 2006
Visto il
al
Teatro Alla Scala
di Milano
(MI)