E' uno spettacolo dai tratti volutamente dark, un girone infernale animato da cupi fantasmi, quello in cui ci immerge questo intrigante Don Giovanni presentato al Teatro Sociale di Trento.
E' uno spettacolo dai tratti volutamente dark, un girone infernale animato da cupi fantasmi, quello in cui ci immerge questo intrigante Don Giovanni presentato al Teatro Sociale di Trento a breve distanza dall'esordio al Verdi di Pisa, nell'ambito di una coproduzione che raggiungerà anche altre città. Perché Cristina Pezzoli, con la complicità delle scarne scenografie e dei costumi di Giacomo Andrico, evoca per noi un ambiente dai tratti onirici e vagamente metatetrali, rappresentandoci un circo lugubre e tragico -con acrobati, giocolieri, clown dalla fisionomia spettrale- di cui fanno parte gli stessi personaggi mozartiani.
La sua lettura registica viaggia con pacata dottrina -né invasiva, né violenta- e con ponderate opzioni drammaturgiche, evidenti anche nell'evocativo impiego di mimi/danzatori.
Ogni contingenza viene in tal modo risolta mediante accorte invenzioni, come quando porta Don Giovanni e Leporello ai due microfoni ai lati, a mo' di cantanti pop; o nella descrizione del sepolcreto, in cui gli agili danzatori del Nuovo BallettO di ToscanA – abilissimi altrove nel ricreare con le coreografie di Arianna Benedetti la straniante location circense – si immobilizzano, tetre statue cimiteriali; o come nella scena della catarsi finale, in cui una croce fiammeggiante si staglia sullo sfondo.
Una compagnia ben affiatata, ed il gioco è fatto
Si comprende subito d'avere davanti una compagnia convinta di ciò che fa, e di quanto suggerisce la regia. E delle voci d'invitante freschezza, ben disposte tra l'altro a conferire giusto peso ed incisività ai recitativi. Daniele Antonangeli scolpisce un Don Giovanni aitante, e ricco di verve, di nobile personalità, di mordente; pronto a presiedere la scena anche con un timbro rotondo e sonoro, ed un canto tagliente, slanciato, ben modulato. Gli tiene bordone Nicola Ziccardi, con il suo Leporello musicalissimo, nonché energico e spiritoso nella recitazione.
Sonia Ciano (Donna Anna) e Raffaella Milanesi (Donna Elvira) spiccano per il forte carattere, per la proprietà di fraseggio, per la consapevole cura con la quale cesellano le loro arie, ardui cimenti di virtuosismo superati da entrambe con lodevole intensità ed eleganza.
Ringraziamo Diego Godoy per non averci ammannito il solito Don Ottavio algido e mollaccione: il suo è un vero Grande di Spagna, altero e virile, e vocalmente condotto con buon gusto ed espressività. Francesco Vultaggio tratteggia uno spigliato Masetto, senza mai calcare la mano sul suo lato naïf; Federica Livi è una Zerlina dalla figura minuta e graziosa, che cela però un carattere peperino oltre che una suadente vocalità. Abbiamo lasciato per ultimo Paolo Pecchioli, un Commendatore austero ed irreprensibile.Conta molto anche il direttore
L'Orchestra è l'ottima Haydn di Bolzano e Trento. La guida Francesco Pasqualetti, che adotta una condotta d'impronta cameristica – di qui squisita leggerezza e trasparenza di suoni – e vi infonde il necessario calore teatrale. Mai troppo lento, mai troppo veloce, calibrato nella scelta delle dinamiche, attento alle tante gemme strumentali, senza tuttavia la benché minima pedanteria. Sollecito nel sostenere e stimolare a dovere i cantanti, in un dialogo con il palcoscenico compiutamente realizzato.
Tra l'altro, reinserisce una scena solitamente cassata, il contrasto Zerlina/Masetto che culmina in Per queste tue manine. Un sincero apprezzamento lo dobbiamo a Riccardo Mascia, presente al fortepiano. La snella compagine corale che interviene in scena è la pisana Ars Lyrica, preparata da Marco Bargagna.