Bologna, teatro Comunale, “Don Pasquale” di Gaetano Donizetti
UN MODERNO DON PASQUALE
Preceduta e seguita da una serie di polemiche sulla conduzione di Marco Tutino, l’ultima opera della stagione lirica 2008/09 doveva essere l’atteso e desiderato Le nozze di Figaro di Mozart con la regia di Robert Carsen nello splendido allestimento dell’Opèra National di Bordeaux, passato in Italia al Carlo Felice di Genova nell'anno mozartiano. Il titolo è stato cancellato e sostituito dal Don Pasquale, allestito in collaborazione con la Scuola dell’Opera Italiana.
Don Pasquale, composta da Gaetano Donizetti su libretto di Giovanni Domenico Ruffini nel 1843, a prima vista, sembra essere un azzeccato esempio di opera buffa: la tumultuosa trama navigata da personaggi e tematiche della commedia dell’arte, il vecchio libidinoso, la ragazza intraprendente, amori appassionati ed astuti macchinatori. Per molti Don Pasquale rappresenta il degno successore di Dottor Bartolo del Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini; eppure sussiste una lieve differenza tra i due compositori: mentre Rossini definiva la sua opera “commedia”, sottolineando l’aspetto comico e il lieto fine, Donizetti la riteneva “dramma buffo”. Il Don Pasquale, infatti, cela sotto il riso e la satira, toni riflessivi e tragici e il confine fra riso e lacrime è sottile; il personaggio di Don Pasquale non rappresenta soltanto un uomo avido, credulone e lussurioso ma incarna, nella sua pazzia senile, la volontà di combattere contro la vecchiaia e l’illusione di fermare il progressivo decadimento.
L’idea del regista Alfonso Antoniozzi e dello scenografo Tiziano Santi, sottolineare le differenze tra due opposti, “l’antico” rappresentato da Don Pasquale e “il nuovo” da Ernesto e Norina, risulta concettualmente interessante, ma non bene sviluppata e, nella forma, poco originale.
Nel primo atto Ernesto entra in scena abbagliato dalla “visione mistica” di un apparecchio elettronico; nel terzo atto Norina recita nelle vesti di una punk ebbra (pura copia della nota Amy Winehouse). Ne emerge una concezione di “nuovo” e di “progresso” piuttosto banale e generica. Suggestiva, invece, la ridondanza pop di colori e movimento nel terzo atto.
Soddisfacente la prova dei cantanti, tra cui spicca Michele Pertusi, al suo debutto nel ruolo di Don Pasquale. Michele Pertusi ha bel timbro vellutato ed espressivo, un fraseggio molto preciso, e una recitazione calibrata e mai retorica, suscitando perfettamente quel “ghigno amaro” presente nel dramma buffo. Di rilievo anche l’estrosa ed esuberante interpretazione di Norina da parte del giovane bolognese Arianna Ballotta, che compensa un timbro nasale, non sempre gradevole, con buona tecnica e agilità vocale. Discreto Davide Bertolucci nel ruolo del Dottor Malatesta, vero deus ex machina della vicenda. Nonostante il grande consenso, non ha convinto Domenico Menini nei panni di Ernesto. Il tenore presenta un timbro non proprio gradevole che fatica a emergere con virtuosismo e dolcezza nelle arie di belcanto, con imprecisioni nel calibrare il fiato e nel fraseggio.
Non ha invece ottenuto consensi la bacchetta di Leonardo Vordoni che avrebbe dovuto dare maggior espressività ed energia alla sua direzione. Bravo il coro del Comunale diretto dal maestro Paolo Vero.
Dopo le varie polemiche era ovvio aspettarsi un teatro con molti posti vuoti, però il pubblico presente ha gradito lo spettacolo, mostrando un grande apprezzamento verso Pertusi.
Visto a Bologna, teatro Comunale, il 12 giugno 2009
Mirko Bertolini con la collaborazione di Saverio Macrì
Visto il
al
Comunale - Sala Bibiena
di Bologna
(BO)