Perché Don Pasquale ha scelto di sposarsi solo in età avanzata? Secondo Davide Livermore, regista del riuscitissimo allestimento dell’ultimo capolavoro di Gaetano Donizetti andato in scena al Teatro Alla Scala, perché la sua invadente mamma gliel’ha sempre impedito. Nel preludio infatti, assistiamo al funerale dell’onnipresente genitrice durante il quale Don Pasquale si addormenta e ricorda tutte le occasioni in cui lei, sin dalla prima infanzia, gli ha impedito di relazionarsi con l’altro sesso.
Comicità e malinconica poesia
Livermore sceglie di ambientare la vicenda in una Roma che si ispira al cinema degli anni 50, splendidamente rievocata dalle scene firmate in collaborazione con lo studio Giò Forma e dai costumi di Gianluca Falaschi, ispirandosi per i suoi personaggi ai capolavori della “commedia all’italiana”. Norina infatti è una frivola modista che, davanti a Cinecittà, sceglie l’abito di scena, ovvero quello della semplicetta, con cui presentarsi all’anziano pretendente. Sono molti comunque gli spunti comici che rendono brioso e accattivante questo spettacolo, che però non trascura anche il lato più patetico e malinconico della partitura.
Emblematico è l’inizio del secondo atto, ambientato alla stazione, in cui, sull’assolo di tromba che precede l’aria “Cercherò lontana terra” alle spalle di Ernesto passa un clown, anche lui con la tromba, che immediatamente rimanda alle struggenti immagini de La strada di Fellini.
Eccellente esecuzione musicale
Di grande rilievo il cast dominato dalla coppia protagonista. Ambrogio Maestri è un Don Pasquale dalla voce imponente ma dal fraseggio accurato e capace di raffinate sottigliezze. Tratteggia un personaggio bonario dai tratti malinconici con il quale si instaura una forte empatia. Di assoluto riferimento è la Norina di Rosa Feola. La giovane soprano ha una tecnica ineccepibile che le consente di muoversi con disinvoltura nel registro acuto ma allo stesso tempo di tratteggiare un personaggio estremamente sfaccettato: elegante, malizioso, sensuale, viperino a seconda delle circostanze. René Barbera ha voce squillante e ben timbrata. Il suo è un Ernesto impetuoso, ben proiettato nell’acuto, cui però necessiterebbe qualche rifinitura nel fraseggio.
Mattia Olivieri è un Malatesta mercuriale e sempre in movimento, caratteristica che in qualche caso ne compromette la resa vocale che comunque nel complesso è buona. Spiritoso il Notaro di Andrea Porta. Raffinata ed attenta agli equilibri con il palcoscenico la concertazione di Riccardo Chailly, sia nei momenti più vitali e spigliati che in quelli più lirici e introspettivi. Nonostante il breve impegno, impeccabile come sempre il coro diretto da Bruno Casoni.