Lirica
DON PASQUALE

Genova, teatro Carlo Felice, …

Genova, teatro Carlo Felice, …
Genova, teatro Carlo Felice, “Don Pasquale” di Gaetano Donizetti DON PASQUALE NELLA SCATOLA MAGICA Ci sono spettacoli da cui si esce rinfrancati. E non solo perchè hanno il lieto fine. Rinfrancati perchè l'allestimento è azzeccato, la scenografia bella a vedersi e non scontata, i costumi raffinati e sontuosi, la regia caratterizzante ed intelligente, cantanti e musicisti adeguati. Così è stato per questo Don Pasquale, proposto al Carlo Felice nel fortunato allestimento del 1998 del Comunale di Bologna. La scena di Susanna Rossi Jost rimanda a una Roma solare e rilassata e mostra dapprima un interno molto curato, una casa piena di ricordi e che denota le passioni del protagonista, il tutto sullo sfondo di cielo azzurro con qualche nuvoletta bianca. Poi, come in un gioco, la casa diventa una scatola magica, una scatola che si chiude, gira, si scompone, si riapre. All'esterno una finestra con un faccione ghignante ricorda certi mostri antropomorfi dei parchi giochi dell'epoca neoclassica. Norina è su una spiaggia, il mare sullo sfondo, lei mollemente adagiata su una dormeuse: dopo il mondo chiuso e asfittico di Don Pasquale la ragazza si rivela immediatamente indipendente, libera, combattiva. Il suo arrivo nella casa dell'anziano è come un vento nuovo che però non fa altro che adeguare la casa alla moda imperante, togliendovi l'anima del proprietario. Il giardino nel finale è evocato da poche, grandi foglie: raffinato, misurato, fascinosissimo. I costumi di Roberta Guidi di Bagno sono neoclassici senza dare l'idea di un'epoca necessaria, scelti piuttosto per l'eleganza della figura femminile e la ricchezza non eccessiva delle stoffe dell'epoca. Le luci perfette di Franco Marri fanno il resto e contribuiscono al miracolo del felice allestimento. Nel cast l'indisposta Stefania Bonfadelli è stata sostituita da Serena Gamberoni, che non ha fatto rimpiangere l'altra. Infatti la Gamberoni ha una voce bella e rotonda e capacità recitative ottime, considerata la giovane età. Qualche difficoltà nel finale e una stecca in “Ah, sposo! Via, caro sposino” nulla tolgono a una performance di buon livello, iniziata con un'esemplare “So anch'io la virtù magica”. La Gamberoni è una cantante in futuro da seguire con interesse. Accanto a lei ha suscitato l'entusiasmo più esagitato del pubblico il beniamino di casa, Francesco Meli, la cui voce potente e robusta ha incantato i genovesi, che gli hanno tributato un vero trionfo. Meli è stato capace di trasmettere l'emotività di Ernesto, da ragazzo viziato in “Sogno soave e casto”, alla preoccupazione incipiente in “Mi fa il destin mendico”, allo squillo cristallino e potentissimo dell'aria di apertura del secondo atto (qui unito al primo, ne guadagna l'unità di azione), fino allo struggente duetto con Norina “Tornami a dir che m'ami”, così intenso e passionale, ottimamente interpretato da entrambi. Ottima la prova di Fabio Maria Capitanucci nel ruolo di Malatesta, vocalmente ineccepibile e attorialmente divertente senza risultare caricaturale. Già nella prima aria “Bella siccome un angelo” Capitanucci esibisce un bel timbro e un colore di voce vellutato e solare che mantiene integro per tutta la durata dello spettacolo. Nel ruolo del titolo un sempre grande Alfonso Antoniozzi, le cui mimica facciale e gestualità rivelano a tutto tondo il protagonista, per il divertimento del pubblico. Dal punto di vista della prova vocale, a me è sembrato non al massimo, forse il ruolo è un poco forzato per la sua estensione. Ma l'esperienza e la padronanza del palcoscenico hanno supplito. L'orchestra, affidata a Marcello Panni, ha suonato con molta routine, poco evidenziando i vari momenti della partitura, che invece offre notevoli spunti di approfondimento. Buona la prova del coro, non marginale nel terzo atto, efficacemente ambientato nelle cucine. Successo travolgente di pubblico, applausi interminabili. Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 21 gennaio 2007 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Carlo Felice di Genova (GE)