Eccoli, i cantanti promossi dal 49° Concorso Internazionale “Toti Dal Monte”, messi alla prova sulle stesse tavole del Teatro Comunale Mario Del Monaco di Treviso, che li vide gareggiare nel giugno scorso. L'opera di quest'anno, il Don Pasquale di Donizetti; la bacchetta, quella autorevole di Giancarlo Andretta; la regia, quella di Giuseppe Emiliani.
Tre soli i premiati, su cinque ruoli a concorso; ma alla fine, dato che alla presente produzione - posta sotto l'ala dello Stabile del Veneto – al teatro trevisano si sono associati anche quelli di Bassano (dove l'opera ha debuttato il 10 ottobre), Padova e Rovigo (dove andrà in scena poi), s'è trovato spazio pure per qualche bravo finalista.
Più compagnie, con vincitori e finalisti
Il ruolo del titolo spetta al vincitore Adolfo Corrado, basso baritono bolognese poco meno che trentenne. Mostra notevole indole attoriale, una ragguardevole colonna di fiato, discreta espressività di timbri e buona ricerca di colori. Promosso a pieni voti. Al posto della vincitrice Giulia Mazzola, abbiamo trovato nei panni di Norina la gallega Rosalía Cid Tarrío, giunta in finale: sopranino leggero assai brioso in scena ma vocalmente non esaltante, a causa di una voce di ridotto spessore, anodina nel colore e povera di sfumature.
Invece che Matteo Verzé, risultato vincitore per la parte di Malatesta, troviamo nella nostra recita il baritono pugliese Pierpaolo Martella, il più giovane – ha solamente 21 anni - fra i finalisti del Toti, vincitore peraltro di un premio in memoria del baritono Paolo Silveri. Nonostante la limitata esperienza si destreggia bene nella sua figura, dimostrando non solo scioltezza scenica ma anche i pregi di una voce bella e morbida, ed i frutti d'un buon tirocinio formativo.
Dato che nessuno candidato aveva ottenuto la figura di Ernesto, è stato chiamato il tenore siciliano Pietro Adaíni, già da noi apprezzato tre anni fa in un Barbiere bassanese. Buon tenore di grazia, consegna un personaggio vocalmente ben caratterizzato, sostenuto da una voce agile, schietta e facile al virtuosismo. Magari il suo volume non appare invero eclatante, brilla tuttavia per un timbro cristallino e luminoso. Il Notaro era il bravo Antonio Feltracco.
L'Orchestra Filarmonia Veneta lavora con slancio e precisione, in piena sintonia con Giancarlo Andretta che in siffatto repertorio guizza come un pesce: ed in effetti eccolo porre in campo una concertazione arguta e brillante, compatta ed asciutta, attenta all'equilibrio delle dinamiche, ai coloriti strumentali, sempre calibrata nello stacco dei tempi. Senza mai trascurare un occhio vigile verso i cantanti, sempre bisognosi di sostegno per la loro ridotta esperienza. Il Coro Iris Ensamble è diretto da Marina Malavasi.
Un Don Pasquale ambientato nei Roaring Twenties
Non è nuova l'idea di trasporre il Don Pasquale ai primi del Novecento – all'incirca nei Roaring Twenties – in bilico tra languori floreali e geometrie decò, scelta portata avanti dal regista Giuseppe Emiliani. Un'ambientazione simile l'aveva già proposta Italo Nunziata per una fortunata produzione partita dal Teatro Malibran nel 2003 e poi apparsa in vari palcoscenici, veneti e non. Per ultimo, nel 2015, quello della Fenice.
Me se lì prevaleva un tono da commedia leggera, ispirata alle pochades di Feydeau e Tristan Bernard, qui Emiliani impone al capolavoro donizettiano un clima differente, più crepuscolare e melanconico. Sceglie di non mettere troppo in ridicolo il maturo protagonista, rinunciandolo a trattarlo da canuto babbeo, ma guardandolo con occhio indulgente, benevolo, e perdonandone con affettuosa comprensione le tardive smanie matrimoniali. Nell'insieme, una regia che svolge bene il suo pensiero di base, e corre senza intoppi; ma che non rinuncia ai soliti clichés comici – come il maggiordomo saltellante - e sconta pure qualche momento di staticità nell'impiego del coro dei domestici.
A parte qualche indispensabile arredo, le scenografie si basano esclusivamente sulle doppie video proiezioni elaborate da Federico Cautero per lo studio 4DODO; su tutte, però, aleggia una certa incongruità, scarsa fantasia, ridotta efficacia scenica. I costumi d'epoca li ha disegnati Stefano Nicolao; le luci sono di Andrea Gritti.