Un allestimento che sapientemente ha unito la tradizione con un piglio di innovazione quello del Don Pasquale di Donizetti che il Teatro Sociale di Rovigo ha messo in scena per la regia di Francesco Bellotto che sposta la vicenda in un periodo indefinito a cavallo tra i primi del '900 e gli anni Cinquanta, in uno ricco studio che ricorda le antiche case patrizie romane piene di quadri che la sapiente mano dello scenografo Massimo Checchetto ha immaginato come un immenso scenario dipinto. Don Pasquale è un vecchio collezionista immerso nella solitudine dei suoi ambienti tra servi vecchi e maliziosi, scapolo e bramoso di una sposa. Ernesto è un nipote bohémienne, mezzo pittore mezzo studente, mentre Norina è un vero tornado: compare in scena in minigonna per poi trasformarsi in una perfetta ex collegiale. I personaggi vengono tratteggiati con garbo e ognuno di loro riesce nell’intento di dare all’opera il giusto umorismo e la verve ironica che le compete senza eccessi istrionici. Bellotto rivela una sapiente mano registica che abbandona la scelta tradizionale quando improvvisamente la tela scenica, che raffigura la casa e le sicurezze di Don Pasquale, cade lasciando un muro nudo: è la vista stessa del protagonista che con le “pazzie” di Norina perde ogni sicurezza nel suo destino e che in parte tornerà solo nel finale quando la pace familiare sarà ristabilita. Una visione che potrebbe far prevalere l’aspetto triste e meditativo della vicenda ma a cui il regista ha saputo imprimere un sagace ironia grazie anche alle capacità attoriali del bravo Paolo Bordogna.
La direzione di Viktor Ploskina, alla guida di una composta Orchestra Regionale Filarmonia Veneta, ha esaltato la partitura donizettiana, togliendone però un po’ della connaturale leggerezza a favore di una mano pesante in più punti e a tratti di una vivacità eccessiva.
Tra i cantanti in scena ha primeggiato Paolo Bordogna che ha tratteggiato un Don Pasquale autorevole e esilarante allo stesso tempo, grazie a una grande dote attoriale, unendo le esigenze registiche a quelle del canto; la voce possiede un bel registro grave ed è corposa e intellegibile, oltre a rivelare un’ottima tecnica. Il soprano brasiliano Carla Cottini, già vincitrice del premio Maria Callas, convince appieno nel ruolo di Norina; oltre a essere pienamente nel personaggio, ha dato prova di possedere una voce calda e sonora, fluida ed elegante in scena, la spigliatezza giusta per il ruolo e gli acuti al posto giusto. Enrico Iviglia è riuscito abbastanza bene nel ruolo di Ernesto, spigliato in scena e vocalmente, anche se non sempre ineccepibile nel fraseggio e nell’impostazione del suono (peccato per un vibrato di altri tempi). Spigliato e bravo in scena Christian Senn nel dottor Malatesta dalla voce garbata e dal bel fraseggio. Nella parte del Notaio Luigi Barilone per scelta registica un fotografo onnipresente. Buona la prova del Coro Lirico Veneto preparato da Giorgio Mazzucato.