Lirica
DON PASQUALE

Norina, Ruby e i settantenni rubacuori

Norina, Ruby e i settantenni rubacuori

Ancona, teatro delle Muse, “Don Pasquale” di Gaetano Donizetti

NORINA, RUBY E I SETTANTENNI RUBACUORI

Almeno Norina lo fa per poter amare Ernesto. Il vero tabù della contemporaneità pare essere quello di invecchiare: pochi mostrano di sapere invecchiare fisicamente e psicologicamente in modo dignitoso e coerente con l'età. Don Pasquale, settantenne che si illude di poter prendere una moglie giovane e graziosa, ne paga le conseguenze, prima di accettare l'età ed il ruolo familiare e sociale, con la rivelazione che la giovane gli sta accanto solo perchè ricco e in grado di gestire le sorti degli altri.
Il libretto di Giovanni Ruffini sembra fatto di niente e invece contiene la verità della vita di tutti i giorni, nella quale ognuno può riconoscersi oggi come ieri, come l'amore e il rapporto tra le età e le generazioni. Che altro dire del tema incredibilmente attuale del settantenne rubacuori alle prese con una giovinetta? La musica di Donizetti esprime in modo ottimale quel sottile equilibrio tra leggero divertimento e malinconia.

La regia di Andrea De Rosa ha un'impronta fortemente teatrale, in cui la scena di Italo Grassi, i costumi di Gabriella Pescucci e le luci di Pasquale Mari hanno un ruolo essenziale. Al centro una pedana isolata, un ambiente della casa di don Pasquale in continuità e contiguità con il resto del palcoscenico dove si muovono cantanti, coristi, comparse, servi di scena e sono presenti attrezzi, mobilio, oggetti, vestiti, parrucche. La pedana diventa un ring in cui tutto si svolge sopra e intorno: i cantanti partecipano comunque della messa in scena anche se sono ai margini.
All'inizio la pedana è vuota, durante l'ouverture gli arredi vengono dislocati sotto la direzione di Don Pasquale e Malatesta; la porta e un quadro scendono dall'alto per delimitare idealmente il salotto coi mobili settecenteschi. Basta che le luci cambino, spostando l'attenzione sul proscenio, ed ecco la casa di Norina, con la specchiera sulla sinistra e un tavolino-toeletta sulla destra, agli angoli.
Durante il colloquio tra Don Pasquale e Malatesta, che si accordano per il matrimonio, Norina, come evocata, passa in scena in sottoveste. Dopo lo schiaffo le luci virano all'azzurro e l'atmosfera cambia in modo palpabile, registrata dalla musica perfetta.
Italo Grassi è bravo nel modificare con pochi tocchi la scena, bastano due porte che calano dall'alto per creare un ambiente più ricco, oppure un portone per isolare Ernesto dalla casa che sta per lasciare. Nel finale il fondo nero si solleva per rivelare una cancellata (pedana svuotata poco prima dai coristi); alle luci spetta di rendere l'idea delle fronde.
I costumi raffinatissimi di Gabriella Pescucci si rifanno ai quadri dei macchiaioli, figure ottocentesche che paiono uscite dai quadri di Borrani, Ciseri, Cecioni, Lega con le gonne quadrettate e screziate e i fiocchi in vita, su capelli e cappelli.

Carlos Chausson è un Don Pasquale scenicamente efficace, dignitoso e raffinato senza scendere nella macchietta nè calcare sugli stereotipi del ruolo; la voce è importante e ricca di screziature per rendere le sfumature. Sandra Pastrana è una Norina dalla voce di bel colore e potente che qualche volta scappa al controllo. Molto bravo Borja Quiza, un dottor Malatesta giovanissimo, artefice della situazione (suggerisce le risposte a Norina durante il primo incontro col protagonista), che pare un mago con quel bastone in mano; curioso che continui a far ingurgitare pillole a Don Pasquale; la voce è scura e pastosa ma non ha difficoltà nelle salite verso l'acuto. Convincente anche l'Ernesto di Alexey Kudrya, a cui è mancata una certa sicurezza in acuto (tagliato nel finale dell'aria “Cercherò lontana terra”). Con loro il notaio di Giacomo Medici che ruba l'argenteria dai cassetti.

Bruno Campanella conferma la sua specialità in questo repertorio e trae il massimo possibile dalla Filarmonica marchigiana: i tempi sono giustamente briosi e rallentano nei momenti di ripiegamento intimo. La sinfonia è affrontata con suoni suggestivi, il motivo della serenata si distende morbidamente e con tenerezza, a rivelare che non solo comicità ci sarà nell'opera (come il violoncello dice). Con gesto ampio e visibile il direttore raccorda orchestra e solisti.

Teatro gremiti, pubblico molto divertito, applausi prolungati a scena aperta e nel finale.

Visto ad Ancona, teatro delle Muse, il 04 marzo 2011

FRANCESCO RAPACCIONI

Visto il
al Delle Muse di Ancona (AN)