Lirica
DON PASQUALE

Torino, teatro Regio, “Don Pa…

Torino, teatro Regio, “Don Pa…
Torino, teatro Regio, “Don Pasquale“ di Gaetano Donizetti DON PASQUALE ALL’APERTO In Don Pasquale, l’ultima opera buffa di Gaetano Donizetti, confluisce tutta l’esperienza umana e compositiva del compositore bergamasco e, oltre a costituirne l’apice artistico, segna il punto di rottura dell’opera buffa italiana, ponendo le premesse per una commedia moderna. Il capolavoro donizettiano è una commedia umana e di carattere, dove il comico sfiora il tragico, la vena ironica s’intreccia a lirismo e malinconia, in un continuum narrativo che rende flessibile il gioco formale, guardando ai modelli brillanti e colloquiali dell’opéra comique a lui contemporanea. Al Regio di Torino è tornato in scena il fortunato allestimento del 1988 di Ugo Gregoretti, una produzione della migliore tradizione, gradevole e garbata, visivamente accurata per merito delle belle scene ed eleganti costumi di Eugenio Guglielminetti. Diversamente dalla consuetudine, l’opera è ambientata all’aperto, in uno scorcio di Roma che ricorda pittoresche vedute ottocentesche, in cui fra antiche rovine, chiese e palazzi è incastonato lo spaccato del salone di Don Pasquale. Tutto si svolge all’esterno, nel cortile - giardino adiacente, sul ponticello di pietra antistante, lungo i bordi di un canale dove scivola una barca fra resti di vestigia romane che ricordano la passeggiata archeologica dei Fori. Il paesaggio di pietra è animato da comparse variopinte: contadine, lavandaie, bambini, saltimbanchi, ritrattisti di strada che ricordano le statuine di un presepio e che commentano con i loro gesti quanto avviene sulla scena stabilendo delle associazioni con gli stati d’animo dei protagonisti (la processione con un condannato a morte dopo che Don Pasquale riceve lo schiaffo, ginnasti a torso nudo che simulano una corrida mentre Norina stravolge le regole della casa). L’ambientazione esterna non mette in rilievo la componente salottiera di una “opera d’interni” e si perde un po’ del tranquillo ménage messo a soqquadro dall’irruzione del nuovo mondo e della nuova mentalità rappresentata da Norina, ma coglie la romanità di Don Pasquale, figura emblematica del “generone” romano e dell’aristocrazia terriera della sonnolenta città eterna, che le vestigia romane osservate dai turisti stranieri dei “Grand Tour“ dell’epoca e la varia umanità romanesca evidenziano. Roberto Scandiuzzi ha voce pastosa da basso autentico e possiede la giusta gravitas per il ruolo dell’anziano protagonista, a cui conferisce nobiltà di rango ed ironia senza mai scadere nella caricatura, con un’interpretazione divertente che coniuga sorriso ad amarezza. Per Scandiuzzi è un debutto nel ruolo e se destano qualche perplessità i momenti di sillabato espressivo, convince in “E’ finita Don Pasquale”, elegia funebre e dolente che costituisce il climax tragico dell’opera. Non solo perché compagni nella vita, Serena Gamberoni e Francesco Meli sono una coppia ideale di innamorati anche per la disinvoltura scenica unita a slancio e giovanile freschezza che emanano. Francesco Meli ha il dono di entusiasmare il pubblico per le naturali doti timbriche e una voce piena e generosa che ritroviamo anche nel suo Ernesto. Senza esitazione nei momenti più impervi, trova i giusti toni elegiaci nell’apertura del secondo atto e nella serenata, con un’interpretazione all’insegna del gusto e della perfetta dizione. Serena Gamberoni, di nuovo sulle scene dopo la maternità, è apparsa in gran forma e la voce sembra avere acquisito maggiore corpo e rotondità. Il ruolo di Norina poi le si addice particolarmente per la verve innata, il mordente e un viso così incantevole da giustificare il colpo di fulmine senile. Agile, ironica, più capricciosa che viperina, oltre a una voce musicale e ben controllata, possiede quella crudeltà spensierata di chi è giovane e bella. Gabriele Viviani ha voce morbida di bel timbro, ma al di là di qualche problema d’intonazione la sua interpretazione del Dottore Malatesta è piuttosto generica e manca di arguzia. Nelle breve parte del Notaro ricordiamo un corretto Diego Matamoros. Michele Mariotti offre una lettura fresca ed equilibrata, senza mai estremizzare o appesantire; di lui incanta la bellezza del gesto che si traduce in un fraseggio orchestrale morbido e duttile, vario nei ritmi e negli spessori, adatto alla commedia salottiera e borghese. Una direzione che pulsa, suggerisce, accelera, rallenta per legare personaggi e situazioni, imprimendo vis teatrale a una partitura di cui però non sottolinea tutte le malinconiche screziature. Buona la prova del coro preparato da Claudio Fenoglio, sia da un punto di vista vocale che coreografico, nell’intrecciare al canto precisi passi di danza. Un pubblico particolarmente partecipe ha manifestato un apprezzamento senza riserve ad interpreti e allestimento, riservando al giovane direttore una commovente standing ovation. Visto a Torino, teatro Regio, il 19 aprile 2009 Ilaria Bellini
Visto il
al Regio di Torino (TO)