Lirica
DON PASQUALE

Un Don Pasquale scenicamente da antologia

Un Don Pasquale scenicamente da antologia

«Don Pasquale è un'opera solo apparentemente gaia (…) l'allegria, la comicità delle vicende del vecchio babbione innamorato e dei suoi intriganti e furbissimi amici non si risolvono nella caricatura. C'è un equilibrio sottile, un senso di velata malinconia che la musica trasmette nei momenti cruciali della vicenda, che non può essere soffocato con l'utilizzo di gags grossolane né, al contrario, con un raffredamento dell'umorismo. Il pubblico deve sorridere, ma anche riuscire a commuoversi» scrive Stefano Vizioli nelle acute note di regia che presentavano l'oramai sua classica rilettura del capolavoro donizettiano; un lavoro che in effetti, con giusta coerenza, è intestato come “dramma buffo” nel libretto scritto a quattro mani dal compositore stesso e Giovanni Ruffini; e ben lontano, cioè, dalla farsesca e un po' volgare comicità del Ser Marcantonio del Pavesi che ne è la fonte diretta. Quindi, non si può che essere d'accordo.

Creata nel 1994 al Teatro alla Scala con Muti sul podio, la creazione di Vizioli è poi approdata qualche anno dopo a Bologna, e quindi a Cagliari, Valladolid, Baltimora, Genova, La Coruna e persino nel marzo scorso alla Royal Opera di Muscat con gli artisti del Comunale bolognese. Spettacolo decisamente tradizionale - detto nel senso più positivo del termine – ed ancora piacevolissimo, anche in questa ripresa a cura di Lorenzo Nencini già suo stretto collaboratore, mantenendo ovviamente l'efficente impianto scenografico di Susanna Rossi Jost: un apparato che consiste essenzialmente in un due agili 'scatole' girevoli e pressoché simmetriche, giusto quello che serve a mutare in un attimo l'aspetto del palcoscenico. La storia si apre sulla casa un po' polverosa dove Don Pasquale è circondato da imponenti librerie e dalla sua collezione di antichità; indizi palesi di un tempo che scorre torpidamente, di una esistenza chiusa e lontana dalla vivacità del mondo esterno. Ma subito dopo, in rapido contrasto, eccoci trasportati in luoghi aperti ed ameni, tra cieli azzurri e ombrosi boschetti: Norina entra in scena languidamente distesa su una sedia sdraio, rilassandosi in una luminosa riva marina; si capisce così in un attimo, che la giovane aspira a ben altro genere di vita con il suo amato Ernesto. I costumi di Roberta Guidi di Bagno – molto belle in particolare le mises di Norina - accompagnano senza sbandamenti lo spettatore giusto ai tempi di Donizetti – più o meno alla prima metà dell'800 - accogliendo quel suo desiderio, insoddisfatto all'epoca della prima parigina, di vedere i suoi personaggi muoversi nella contemporaneità d'allora. Reincontrandolo al Verdi di Trieste, abbiamo insomma ritrovato il delicato humour, la vena di sottile melanconia, le tante pennellate di colore – la scena della cucina, tra cuochi camerieri e servette, ad esempio è sempre godibilissima –  di questo lavoro di Vizioli, riapprezzandone altresì l'estrema attenzione alla recitazione individuale.

Il ruolo del titolo toccava al bravo Andrea Concetti, apparso misurato e sobrio nella recitazione, così come s'è mostrato generoso ed intelligente nella linea di canto; una ennesima conferma del suo talento e della sua versatilità. Il modello di riferimento pare evidentemente il grande Sesto Bruscantini, nella lineare dizione, nel ventaglio dei colori, nell'elegante articolazione; insomma, una sapiente ricerca della corretta fusione di parola e canto. Il personaggio di Don Pasquale gli riesce indubbiamente assai bene, nella sua svagata e senile tenerezza, così da renderlo con spontaneità e ricchezza di sentimento; pur se appare evidente che sostenere la sfilza di recite, una dopo l'altra, ha comportato alla fine una qualche fatica vocale. Cosa di poco conto, in fondo, a fronte di una riuscita interpretazione complessiva.. A sua volta, anche Federico Longhi appariva un estroso ed esuberante Malatesta: anche qui molta convinzione scenica, con una generosa iniezione di brio ed humour, il tutto sostenuto da un discreto dominio dell'alta tessitura che comporta tale parte (ma un po' meno del veloce sillabato, forse per inevitabile stanchezza: anche per lui le recite si sono accomulate senza ricambio). Mihaela Marcu, bella soprano romena che sta costruendosi un'interessante figura di soprano leggero, disegnava una piccantissima e volitiva Norina, carica di gusto e musicalità, sostenuta con acuti facili ed immediati, ed un registro centrale che mi pare stia man mano acquistando sempre maggiore consistenza e spessore. Il brioso ruolo della giovane vedovella le calza decisamente a pennello, per la radiosa presenza scenica e la mordente recitazione. Il giovane tenore catanese Pietro Adaini era un po' l'anello debole della catena; qualche incertezza in scena, la voce di per sé appare evanescente, povera di smalto, e non ancora bene addestrata. Tanto per fare un esempio, il recitativo e l'aria "Povero Ernesto...Cercherò lontana terra" si dipanavano tiepidamente, e il re bemolle che risolve la successiva cabaletta "E se fia che ad altro oggetto" è apparso decisamente fuori posto.

Niente in confronto, comunque, all'inamidata e smorta direzione di Hirofumi Yoshida, dai tempi sovente troppo allentati; una concertazione assolutamente priva d'ogni idea narrativa, di colori, di sfumature, dall'andamento talora persino letargico. E per di più scarsamente dialogante con il palcoscenico, lasciando che i cantanti procedessero da sé: cosa che per fortuna hanno fatto con buon mestiere, lasciando il maestro giapponese a menare la bacchetta nel suo cantuccio. Una prova insomma tutta da dimenticare, cui poco ha giovato la presenza dell'ottima orchestra di casa, e la positiva performance del coro. Giorgio Misseri e Larissa Alice Wissel erano presenti nelle altre recite come Ernesto e Norina. 

Nota dolente di cronaca, i non pochi posti lasciati liberi nella sala del Verdi. E sì che Don Pasquale è un'opera di repertorio, e tra le più gradite. Evidentemente una parte del pubblico triestino – costituito in massima parte da abbonati - ha preferito andare a crogiolarsi sul lungomare della Barcola. I presenti, comunque, hanno lungamente applaudito tutti gli interpreti.

Visto il 06-06-2015
al Verdi di Trieste (TS)