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DIARIO PERPLESSO DI UN INCERTO

Donizetti in mano ai giovani

Donizetti in mano ai giovani

Anche se in maniera logicamente diversa da Rossini - spirito irriverente e dissacrante - pure Donizetti possedeva una felice propensione per il repertorio brillante: stanno a dimostrarlo non solo due conclamati capolavori quali L'elisir d'amore e Don Pasquale, ma anche la cospicua quantità degli altri titoli minori con cui ha affrontato questo genere, benché in gran parte scomparsi dai cartelloni. Solo per averne un'idea, nel periodo tra l'esordio sulle scene con Enrico di Borgogna e la definitiva consacrazione grazie ad Anna Bolena, Donizetti creò una buona dozzina di farse ed opere buffe, dalla perduta Una follia del giugno 1818 a I pazzi per progetto del febbraio 1830; e si cimentò pure in lavori semiseri quali La zingara e Gianni di Calais, cavalcando una moda che stava allora vivendo la sua massima popolarità. Così, mentre Rossini si godeva i trionfi parigini nei panni di direttore del Théâtre Italien, rimasto in patria l'appena più giovane collega bergamasco ne ripercorreva le orme cimentandosi anche in un due generi operistici che, sino agli anni quaranta del secolo, erano particolarmente graditi ai pubblici nostrani. Di quel primo e fecondo periodo creativo un unico titolo buffo resta però ancora stabilmente in repertorio, ed è Le convenienze ed inconvenienze teatrali, sapida ed acuta satira dei costumi e malcostumi del mondo teatrale d'ogni tempo. Felicissimo esempio di metateatralità, ricco di personaggi ameni – la matronale Donna Agata, su tutti - e di situazioni spassose, metterlo in scena è un invito a nozze per ogni regista che abbia talento e fantasia; e poi questa operina, per il suo stesso carattere, si presta come poche altre all'impiego di giovani personalità, come un'officina di preparazione a maggiori e più impegnativi cimenti lirici. Per questo l'idea di metterla in scena è venuta anche al Consorzio tra i Conservatori del Veneto, nell'ambito di una collaborazione con lo svizzero Theater Biel Solothurn - dove è già andata in scena a settembre 2014 - ed il Teatro Comunale di Treviso. Pressoché tutti gli interpreti infatti, ed i vari collaboratori tecnici di scena convocati per questo allestimento, provengono infatti dal Progetto Opera Studio del Conservatorio “B.Marcello” di Venezia, avente per finalità l'avvio dei propri discenti alle varie professioni in campo lirico.
Fondata su due fortunati soggetti satirici di Antonio Sografi, creata nel 1827 al Teatro Nuovo di Napoli – l'occasione, una beneficiata a favore di Donizetti - e poi rimpolpata con una seconda parte per riempire una serata al Teatro alla Cannobiana di Milano, Le convenienze ed inconvenienze teatrali (non chiamiamola, per carità, Viva la mamma!) è stata ripetutamente rimaneggiata dal musicista e dal librettista Gilardoni, divenendo un vero work in progress, un 'testo aperto' all'improvvisazione – l'ispirazione che la sottende è quella della Commedia dell'Arte - ed a qualche necessaria interpolazione, inserendovi ad esempio delle 'arie da baule' per completarlo nelle parti lasciate volutamente libere. Per questa riedizione il direttore Franco Trinca ed il regista Pierre-Emmanuel Rousseau – quest'ultimo ideatore pure delle gustose scenografie e dei coloriti costumi in stile ottocentesco - hanno optato per la versione presentata dai due suoi creatori al napoletano Teatro del Fondo nel 1831, con dialoghi sciolti al posto dei recitativi. E' quella più ricca di materiale originario, come testimonia l'edizione critica Ricordi; ma nondimeno vi hanno saggiamente aggiunto anche l'aria di Procolo, presente solo in origine, gustosissima pagina buffa che delinea appieno il carattere del vanesio personaggio. Quanto alle necessarie interpolazioni, Trinca e Rousseau hanno affidato a Luigia la cabaletta «Ah non giunge» da La sonnambula, comicamente interrotta e completata da Daria, che a sua volta intona l'andante/rondò «Ah voi condur volete...Ah donate il caro sposo» da Il signor Bruschino. A conti fatti, il risultato finale di queste Convenienze trevigiane è quello di consegnare allo spettatore una partitura ricca e vitale, concertata con grande abilità e sagace spigliatezza dal direttore romano, vigile sostegno di voci che non hanno ancora massima dimestichezza con le scene; e sostenuta a dovere da una regia spedita, espressiva e fantasiosa, che mai calca la mano sull'aspetto più farsesco d'un libretto affrontato con la levità e l'ironia di una pochade di Feydeau.
Quanto agli interpreti, direi che hanno tutti hanno lavorato bene; d'altra parte, pur essendo ancora impegnati in corsi di perfezionamento, molti di loro hanno già vissuto qualche valida esperienza teatrale. Il baritono Michele Govi è l'unico cantante non proveniente dal laboratorio veneziano – ha davanti a sé difatti una carriera che pare già ben delineata – ed ha consegnato una Mamma Agata vocalmente solida e teatralmente trascinante, muovendosi in scena con misura ed evitando di eccedere, anche nella  sua travolgente parodia de "La canzone del salice" dal rossiniano Otello, nei lazzi che un personaggio così comico potrebbe suggerire; il soprano giapponese Erika Tanaka ha tratteggiato con notevole bravura la figura di Daria, la Prima Donna; Paolo Ingrasciotta è stato un irresistibile Procolo; Ilenia Tosatto s'è rivelata una ottima Luigia. Positivamente inseriti nel quadro complessivo quanti hanno completato il cast: Askàr Lashkin (Biscroma), Francesco Basso (Salzapariglia), Andrea Biscontin (Guglielmo), Valeria Giradello (Pippetto), Diego Rossetto (Ispettore), Michele Soldo (Impresario). L'Orchestra ed il Coro – mostratisi entrambi all'altezza del compito - erano quelli del Consorzio tra i Conservatori del Veneto;

Visto il 19-11-2015