Donna non rieducabile, uno spettacolo dal forte connotato civile, rivolto a un pubblico che condivide la sfida di impegno civile e di lotta alle mafie che da sempre contraddistingue il politicamente scorretto
Anna Politkovskaja viene trovata morta il 7 ottobre 2006 - quattro colpi di arma da fuoco, di cui uno alla testa - nell'ascensore del suo palazzo a Mosca, per terra, rovesciati, nel sangue, i sacchetti della spesa che aveva appena fatto. Sul numero successivo della «Novaja Gazeta», stava per uscire una sua inchiesta sulle torture in Cecenia. Il computer della giornalista – con dentro tutto il materiale sull'inchiesta - viene sequestrato dalla polizia e l'articolo viene messo da parte: «non pubblicabile fino a data da definire».
Anna Politkovskaja aveva ricevuto per mesi minacce di morte, aveva subito tentativi concreti di eliminazione, era stata calunniata dai giornali più potenti, ed essere stata definita «non-rieducabile» dal più autorevole membro dell'ufficio di Presidenza russo.
Un’intensa Ottavia Piccolo presta volto e voce alla giornalista Anna Politkovskaja, restituendoci lo smarrimento, l’orrore, ma anche l’estrema dignità e ironia di questa donna indifesa, ma forte e tenace.
Il suo fu uno sguardo aperto, senza pregiudizi né compromessi, su quanto avveniva nel suo paese, partendo dalla lontana Cecenia, per arrivare a raccontare i momenti più terribili della recente storia russa - dalla strage al Teatro Dubrovka di Mosca, a quella nella scuola di Beslan. Era nota per il suo impegno sul fronte dei diritti umani e per la sua opposizione al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.
A partire dal giugno del 1999, impiegata presso la «Novaja Gazeta», scriveva violente critiche sull'operato delle forze russe in Cecenia, denunciando i numerosi, legali, atroci abusi commessi sulla popolazione civile, e pubblicando interviste "scomode": ai ragazzi delle unità russe, ai medici degli ospedali della capitale cecena di Groznyj, al Primo Ministro ceceno, ad alti ufficiali russi in Cecenia, a semplici civili e a terroristi ceceni.
Ben pochi in Italia, come nel resto del mondo, erano a conoscenza dell’esistenza di Anna Politkovskaja prima che venisse uccisa. Anna Politkovskaja fu testimone oculare di vari attentati dinamitardi a Groznyj, fu la prima a intervistare il ventottenne Primo ministro ceceno poco dopo la nomina, fu la prima a parlare delle torture e degli stupri sulle montagne cecene, fu la prima a denunciare pubblicamente fatti gravi di corruzione nell'esercito russo, fu incaricata di gestire le trattative con i terroristi del sequestro Dubrovka e di condurre, infine, in prima persona il negoziato in seguito alla vicenda della scuola di Beslan.
Il testo, scritto dal drammaturgo Stefano Massini, è un adattamento in forma teatrale brani autobiografici ed articoli di Anna Politkovskaja. Il testo è costruito come se fosse una serie di istantanee, di sequenze immediate, partendo da un flash che coglie un dettaglio e dalla somma di dettagli ricava l'insieme.
Massini si ispira agli articoli della giornalista russa e costruisce un testo che si muove nello scenario della situazione russo-cecena raccontandolo in prima persona, ricostruendo un vero e proprio contesto storico: non in una forma di monologo convenzionale, bensì come se si trattasse di un «flusso di coscienza». Stefano Massini dice che il suo unico obiettivo era restituire dignità teatrale ad una sensazione che lo aveva colpito nel primo avvicinamento ai testi della Politkovskaja: “la loro feroce immediatezza, la loro portata fotografica".
Lo spettacolo è dunque “un album di immagini, una carrellata di esperienze in presa diretta, una galleria di zoom su precise situazioni, atmosfere, solo talvolta stati d'animo”. Un collage di quasi venti quadri nei quali lo spettatore viene scaraventato all'improvviso, di volta in volta cambiando contesto.
La messa in scena è semplice, asciutta, minimalista, ma efficace, priva di fronzoli, diretta e onesta, è un pugno allo stomaco, uno schiaffo secco e deciso, ogni parola è pesante come un macigno: è la realtà pura e cruda che ci viene presentata, in un ritmo incalzante, quasi cinematografico – ponendoci molti interrogativi sul senso e il significato del concetto di libertà nell’epoca della comunicazione globale, che, sia pure in forme meno drammatiche, non riguardano solo la Russia di Putin.