Difficile portare in scena un discorso importante e complicato come quello della nutrizione, ma Eleonora Danco lo fa con la durezza delle verità comuni e la forza di un corpo che si muove in modo rapido e compulsivo.
In scena lei, due monologhi con personaggi diametralmente opposti legati da emozioni e conflittualità comuni, i ricordi creano il filo rosso fra i testi, il cibo detta legge sulle decisioni della vita adulta.
Donna Numero 4, il primo testo nasce su commissione della Triennale di Milano, e di EXPO 2015, organizzatrici dell’Esposizione Universale di Milano, incentrata sul tema della nutrizione da un progetto di Davide Rampello.
Il monologo pone l’attenzione sul rapporto tra il cibo e i ricordi. In scena una donna, che potrebbe essere anche un uomo non vi sono particolari riferimenti al genere, parla con ironia e schiettezza delle implicazioni che la nostra vita ha con il cibo. La prima cosa che si vede quando si arriva in una nuova località, l’odore che si sente nei bar all’ora di pranzo, i posti di ristoro nei musei, nelle gallerie d’arte, nelle librerie…lei stessa ci dice: “Qui si muore ma non certo di fame!”
Prova in tutti i modi a pianificare il rapporto tra il cibo e la sua vita. Illudendosi di poter evitare errori nella quotidianità perché non commette errori a tavola. Fino a credere di poter modificare il nutrimento del suo corpo convinta che anche i suoi ricordi possano assumere una nuova dimensione. Questo crea una sorta di radicamento della protagonista ad un passato che vorrebbe abbandonarsi alle spalle ma che al contrario la tiene incastrata nei ricordi che nascono da odori, sapori e sensazioni che arrivano dall’esterno in un conflitto senza fine dove il suo corpo è proteso alla cancellazione e dall’esterno arrivano solo input che reiterano il ricordo.
I ritmi serrati delle parole, i gesti tesi del corpo creano nel personaggio e in noi una sensazione di imprigionamento. Tra la platea si ride, ci si diverte dei luoghi comuni dello stare a tavola, ma la spirale che unisce il presente al passato attraverso il cibo è vertiginosa.
Il secondo monologo che porta in scena è Nessuno ci guarda scritto ormai 12-13 anni fa, si lega al precedente attraverso il sottile filo rosso dei ricordi che continuano a tornare in relazione con la vita adulta.
Diverso è il punto di partenza e attraverso un’accurata selezione di stati d’animo si arriva alla storia di una donna adulta che deve andare a lavoro ma non riesce a uscire di casa. Corre, salta, si arrampica sulle pareti, rotola dappertutto ma i tormenti le impediscono di rapportarsi all’esterno e i ricordi non le danno scampo.
I ricordi, il cibo, i condizionamenti della vita, i corpi che si muovono, le emozioni che spaziano in scena, come in un quadro di Pollock, la prima passione dell’attrice Eleonora Danco fu appunto la pittura, ci fanno ridere e riflettere grazie anche ad un ritmo incalzante, particolare mai uguale a se stesso, che ci inchioda alle sedie.
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