L’esordio drammaturgico di Cristina Comencini è ricco di un umorismo naturale. Guardando Due partite, il pubblico sorride, ma allo stesso tempo, è spinto a una profonda – e sempre attuale - riflessione.
L’esordio drammaturgico di Cristina Comencini, attenta osservatrice della condizione esistenziale femminile, è ricco di un umorismo naturale. Guardando Due partite, il pubblico sorride, ma allo stesso tempo, è spinto a una profonda – e sempre attuale - riflessione (ad esempio, sul rapporto di coppia), senza distinzioni di genere.
Un semplice girevole mostra in scena le stesse quattro attrici (Paola Minaccioni, Giulia Bevilacqua, Caterina Guzzanti e Giulia Michelini) che, nel primo atto sono mogli e (quasi tutte) madri, che si ritrovano insieme ogni giovedì, negli anni Sessanta per la consueta (e liberatoria) partita a carte, metafora delle frustrazioni delle esistenze di ciascuna.
Cardine delle loro riflessioni è Beatrice (il personaggio interpretato con tenero disincanto da Giulia Michelini, ndr.), in procinto di diventare madre, e dunque preda degli atavici dubbi e timori dai quali ogni donna è assalita quando si stanno per compiere i giorni del parto; nel secondo atto, è proprio la tragica circostanza del funerale di Beatrice, a riunire, trent’anni dopo sua figlia Giulia e le sue amiche (ancora le stesse attrici, ndr), fatalmente consapevoli di vivere – seppur con ruoli diversi – un’esistenza speculare, almeno caratterialmente, a quella delle proprie madri.
Interessante notare come, dietro il racconto delle vite delle madri prima e delle figlie poi, emergano alcuni tratti caratteriali dei loro compagni di vita (mariti, compagni, amanti e padri).
Tutte le interpreti restituiscono in maniera eccellente al pubblico quei tratti caratteriali fondamentali che descrivono la condizione femminile contemporanea e la complementarietà del rapporto madri-figlie, anche attraverso la toccante e mai invasiva regia di Paola Rota.