Prosa
DUX IN SCATOLA. AUTOBIOGRAFIA D'OLTRETOMBA DI MUSSOLINI BENITO

Dux in scatola

Dux in scatola

Mussolini è morto. Il suo cadavere è riposto in un baule. L’attore indossa la pelle del duce come un vestito, e inizia il suo monologo: diventa egli stesso Musssolini. La dissomiglianza è una delle prime idee: l'attore è Mussolini, ma al tempo stesso è anche sé stesso; interpreta la figura ma in modo distaccato e lo dimostra il fatto che non assomiglia e non ha nessun riferimento che lo leghi al Duce.

In scena viene evocato un cadavere che non c’è. L’idea nasce da un qualcosa che avesse a che fare con il Ventennio: i  testi di Marinetti, Brancati e “Il corpo del Duce” di Sergio Luzzatto, il  “Mussolini immaginario” di Luisa Passerini, l'attore ha lavorato su  materiali letterali che nello spettacolo sono presenti con citazioni dirette ma anche nascoste. Il linguaggio iperletterario è dell’epoca, con riferimenti a  canzoni del periodo, cinegiornali, a frasi  scritte sui muri,  forum e siti neofascisti:  i commenti postati dagli utenti sono serviti ad arricchire il linguaggio della rappresentazione.

Lo spettacolo racconta l’irriducibile lontananza tra due visioni del mondo inconciliabili;  è diretto, crudo, veloce, nevrotico, ma inizia nell’immobilità e nel silenzio: l'attore è immobile, impalato, come tentativo di sintesi tra le due anime di Mussolini: quella futurista e dinamica, dallo sguardo fiero e dal corpo operoso; quella statuaria, ripresa dalle foto, dai busti, dalle sculture che celebrano Mussolini come monumento di sé stesso.

Vestito nero, occhialini da intellettuale, cravatta rossa, l’interpretazione è un’isterica rappresentazione che contagia la mimica del corpo e sorregge la razionale dialettica del linguaggio. I gesti totalitari come la mano tesa, il pugno chiuso e il segno della croce, la scenografia semplice, quasi assente, la mercificazione del corpo di Mussolini tutto rimanda ad uno studio pieno di segni  che evoca un dramma a tesi.


 

Visto il 28-02-2011