Il fascismo non è mai stato un fenomeno vissuto, conosciuto, indagato con facile chiarezza: se da un lato non si poteva e non si può negare il regime, la violenza, i soprusi e le ingiustizie, dall’altro, quasi a parziale discolpa, non pochi ricordano il tentativo di ordine e di riassesto dell’Italia in seguito ai tentennamenti giolittiani del primo dopoguerra. E del resto lo stesso fascismo fu intimamente bifronte, ebbe un’anima bipartita e contraddittoria, divisa tra i “selvaggi” squadristi inneggianti ad una rivoluzione della società italiana per estirpare il germe della “borghesia” (termine con cui indicare, più che una classe sociale, l’insieme di valori che la rappresentavano) e la classe dirigente d’estrazione borghese che prese decisamente il sopravvento con il passaggio del fascismo da partito a governo.
Ed anche lo spettacolo di e con Daniele Timpanaro, Dux in scatola (sottotitolato: “Autobiografia d’oltretomba di Benito Mussolini”), che fino a martedì 8 sarà replicato al PiM Spazio Scenico, coerentemente non si discosta da questa tradizione di lunga memoria. Il monologo ha suscitato l’attenzione da più parti, per lo più a causa dell’approccio al tema: l’autore infatti non ha rivolto né un’apologia (come da alcuni è stato criticato) né una serrata critica al fascismo ma, attraverso una rappresentazione straniante e grottesca, mostra al pubblico una parte di storia “minore”, non più ricordata, di quanto avvenne in seguito al seppellimento di Mussolini, il “duce in scatola”, e cioè nel baule. Dopo infatti aver presentato il condottiero e il “calvario” del barbaro trattamento del suo corpo in Piazzale Loreto nel ‘45, si racconta di come tre fascisti ne trafugassero la salma, ponendola in un baule e nascondendolo fino a quando, rinvenuto, venne nuovamente tenuto nascosto dal governo fino al ’57, quando la Dc restituì le ossa depredate, poi seppellite a Predappio, in cambio dei voti (e che voti…) del Msi.
La rappresentazione risulta straniante: sul palco, vuoto ad esclusione di un baule mal ridotto, vi è il solo attore che, in un rapido e a volte stordente flusso di parole, si presenta egli stesso, con la sua fisionomia poco “romana”, come Mussolini o come Timpanaro medesimo. In questo modo, i due piani si vengono ad intersecare (o a sommare?) in un caleidoscopio di storia, di aneddotica, di citazioni tra le più variegate (letterarie, giornalistiche, da siti neofascisti, fino a quelle personali dell’attore durante il viaggio di documentazione a Predappio), per fornire un quadro per nulla preciso, ma volutamente tale: il risultato è un Mussolini-macchietta, gesticolato, urlato ma alla fine sinceramente filtrato dalla personalità e dalla vita dell’attore, la sentita e caustica testimonianza di ciò che rimane (nella sua giusta parzialità e superficialità) nella cultura di oggi di un personaggio tanto rilevante ed importante per la storia italiana.
Milano, PiM Spazio Scenico, 3 maggio 2007
Visto il
al
Spazio Kor (ex-Teatro Giraudi)
di Asti
(AT)