Niente è più atroce ed attuale quanto la guerra, e così la tragedia delle donne troiane, che Euripide mise in scena in più di una sua tragedia, tra cui le TROIANE e l’ANDROMACA, torna al teatro IL PRIMO di Napoli con l’ECUBA riscritta e diretta da Anolfo Petri. Numerosi i cambiamenti che il regista ha operato nel riscrivere la storia dell’ultima e vecchia regina di Troia, il più vistoso è sicuramente l’aver unito in un solo personaggio maschile Ulisse ed Agamennone, quasi a volerne cancellare le individualità, concentrando in un unico uomo la forza della sopraffazione del nemico. A portarlo in scena il forse troppo giovane Jacopo Uccella, ma resta sicuramente un grande merito di Petri, da sempre, quello di dare opportunità a dei giovani attori di poter interpretare ruoli che diano loro la possibilità di misurarsi con l’alta scrittura drammatica dei classici di ogni tempo. Accanto ad Uccella, al quale auguriamo un futuro pari al suo valoroso impegno interpretativo, troviamo Marina Billwiller, che già lo scorso anno si misurò con il ruolo più che impegnativo della protagonista. La Billwiller mostra ancora una volta un’energia teatrale di grande temperamento, tanto da apparire credibile, nonostante la sua giovanissima età, nel ruolo dell’ottuagenaria regina, combattiva fino allo strenuo delle sue forze per far prevalere le sue ragioni di donna, madre e capo di stato, ruoli offesi dalla sconfitta e dalla soprafazione bellica.
Convincenti Manuela Cervone, visionaria e ambigua Cassandra, Antonio Piccolo, un Polimestore che seppur troppo giovane risulta di ottimo impatto teatrale per l’ efficace piglio attoriale, e, Valeria Di Motero, giovanissima e disincantata Polissena. L’universalità del tema, la straordinaria energia che sprigionano i giovani interpreti, e le indovinate scelte registiche, fanno si che il pubblico apprezzi uno spettacolo di certo non allineato con l’attuale proposta produttiva del teatro napoletano, premiando le scelte ardite di Petri, che ancora una volta privilegia il Teatro alla ottusa politica del “nome in ditta” utilizzata sempre più spesso per camuffare banalità ed aria fritta.
Visto il
al
Il Primo
di Napoli
(NA)