Acqua, tanta acqua: acqua in video e acqua reale, sul palco trasformato in una piscina da 400 mq dove si muovevano gli attori e le navi, sormontati da un muro a led da 16 metri. Il Teatro Nazionale di Genova ha messo in scena Elena di Euripide con un allestimento rutilante di colori, suoni, luci, riflessi ed effetti speciali, nati dalla regia di Davide Livermore, che deve essersi anche divertito a nascondere nella scenografia diverse citazioni di un film-simbolo di questi temi come 2001 Odissea nello Spazio.
Elena, la Bellezza
Elena, donna di eccezionale bellezza, è figlia di Zeus e Leda, e moglie di Menelao, re di Sparta. Il troiano Paride, dopo avere espresso il suo giudizio sulla bellezza delle tre dee Era, Atena e Afrodite, ottiene Elena come premio e la porta con sé a Troia. Menelao va a riprendersela, e inizia la sanguinosa guerra di Troia.
Euripide introduce una variante: Paride non porta a Troia la vera Elena ma una specie di fantasma corporeo, tale da ingannare tutti. A causa degli intrighi degli dei la vera Elena finisce in Egitto, affidata a re Proteo che la deve custodire fino all'arrivo di Menelao.
Naufragi dell'esistenza
Una scenografia di ampio respiro ed evocativa, con navi e altri oggetti a rappresentare la concretezza degli eventi narrati, pur nella trasfigurazione simbolica necessaria a trasformare i relitti di un singolo naufragio nel simbolo dei tanti naufragi reali ed esistenziali che da sempre caratterizzano l’esistenza umana.
Ha giovato il rigore filologico nello schema rigido della tragedia classica: il prologo che introduce il dramma, la parodo (l’entrata in scena del coro passando dai lati), tre episodi narrativi in cui si sviluppa la vicenda intervallati da stasimi, le pause di riflessione in cui il coro commenta la situazione. Infine, l'esodo dove si tirano le fila e si chiude. Nel prologo Laura Marinoni (Elena) e Viola Marietti (il messaggero Teucro) creano subito il pathos giusto, su cui incanalare il resto dell’opera.
La rivoluzione di Euripide
Elena non andava in scena in Italia da 40 anni. E’ stata scritta nel 412 A.C., e già allora emersero i suoi elementi di novità. Non è una vera tragedia ma piuttosto una tragicommedia, probabilmente la prima nella storia del teatro: l’elemento tragico è meno importante rispetto al gioco degli equivoci. E’ il prototipo del moderno dramma a intreccio, dove l’attenzione è rivolta allo sviluppo della trama più che alle sue implicazioni morali (che pure sono ben presenti).
In Elena ci sono gli elementi tipici della commedia ancora di là da venire: l’azione del caso, oltre che del destino; il lieto fine; l’agnizione (il riconoscimento di qualcuno che dà la svolta alla vicenda). E un po' di comicità: nel secondo episodio il tragico sconfina nel comico. In questa tragedia non muore nessuno, se non nell’ultima scena: dove la morte ha comunque più un significato simbolico che reale.
L'irruzione del comico
Nel secondo episodio il re egizio Teoclimeno, interpretato da un brillante Giancarlo Judica Cordiglia, vuole sposare Elena dopo la morte di suo padre Proteo. Teoclimeno si presenta inopinatamente vestito da damerino veneziano del 700, con tanto di eloquio affettato vicino al birignao. Sarà un caso, ma Teoclimeno cade nell’inganno proprio come farà 21 secoli dopo il signorotto di turno preso in giro da Arlecchino. A organizzare il raggiro sono Elena e Menelao, sposi ritrovati che non si vogliono certo separare a causa dei maneggi di Teoclimeno.
Elena è interpretata da Laura Marinoni, perfetta nel ruolo e nell’immagine: nella gestualità, nella presenza scenica e spesso anche nell’espressione assomiglia a Irene Papas, indimenticabile Penelope degli anni 60. Sax Nicosia è Menelao, abile a spaziare tra i registri dell’eroe epico e quelli della commedia. Volitivo, atletico, sconfortato e stanco al punto giusto.
Un meccanismo perfetto
Qui Il coro è composto da mimi che sono anche ballerini e voci recitanti. Gli attori si presentano in scena coperti da veli come le presenze femminili nelle tragedie; poi restano a torso nudo, con panneggi che richiamano le gonne: sono contemporaneamente uomini e donne.
Ci sono momenti in cui il coro ha movenze da flamenco, e la musica, composta da Andrea Chenna, si trasforma nella Valse di Ravel. Simonetta Cartia nel ruolo di Tenoe, l’indovina che distingue il giusto dalla legge, è ieratica e solenne al punto giusto.
Acqua, specchio di tutto
Il filo conduttore di tutto è l’acqua, specchio che contiene relitti materiali, relitti umani e relitti del mito. Sullo schermo passano immagini di mare in tempesta oppure di mare tinto di rosso sangue, metafora della vita fin troppo evidente.
L’acqua è protagonista, è personaggio. Le scenografie galleggiano, simbolo di precarietà e provvisorietà dell’esistenza. Una serva, interpretata da Maria Grazia Solano, ramazza il lago con una scopa: ma l’acqua torna inesorabilmente al suo posto. Ininfluenza dell’azione umana sul corso delle cose e del caso.
L’acqua è specchio che interagisce con la scena, riflettendo, distorcendo, spezzettando e moltiplicando i colori, le luci, i ricordi, i fatti. Uno specchio che filtra e distorce la realtà, mettendo in dubbio anche le identità.
Morte e rinascita
Sarà vero che Elena non è mai stata a Troia? Sarà vero che è stata una macchinazione degli Dei? O forse è un ricordo falso, una bugia autoconsolatoria della stessa Elena per sopravvivere alla disperazione di essere stata la causa di tanti lutti? Menelao è tornato da Troia con un fantasma, che sale in cielo e si dissolve quando l’eroe incontra la vera Elena.
L’acqua sostituisce la terra nel binomio con il cielo; qui l’unica terra è quella che ricopre i corpi dei morti a Troia e quello del re Proteo: ma anche la tomba di Proteo sembra galleggiare e spostarsi. Nel mito di Narciso l’acqua è lo specchio che fa scoprire sé stessi: qui i messaggeri che annunciano verità scomode avanzano tenendo davanti a sé proprio uno specchio. Come a dire che è tutto vero, ma è vero anche il suo contrario riflesso.
Nell’archetipo l’acqua è simbolo di palingensi, morte e rinascita, è l’acqua che ci porta da una parte all’altra della vita: come nel finale, quando tutti muoiono uno dopo l'altro attorno ad Elena, accasciandosi nell’acqua, e lei rimane sola. Forse è il disvelamento dell’inganno, la pietosa bugia con cui Elena ha coperto le sue disgrazie: lei è davvero andata a Troia, e a causa sua sono morti tutti.
O forse è il simbolo di un ciclo che si chiude per ricominciare.