Paradiso XXXIII, di e con Elio Germano e Teho Teard: è questo lo spettacolo che sigla – dopo Dante Métanoia e Faust Rapsodia - la Trilogia d'autunno, e contemporaneamente chiude la lunga kermesse del Ravenna Festival 2021 iniziata a giugno.
Un lavoro costruito a quattro mani, l'ultima delle numerose tappe di un percorso di eventi che, qui nella città che ne custodisce le spoglie, ha inteso celebrare i 700 anni dalla morte del Divino Poeta.
Anelito al divino
«...sì come rota ch'igualmente è mossa, l'amor che move il sole e l'altre stelle»”. Con questi versi termina la Divina Commedia. Con essi Dante, immerso nella luce dell'Empireo, intendeva rappresentare il senso della sua opera poetica, ma anche quello dell'intera creazione divina: l'amore è insieme strumento di Dio, e spinta, e moto, e meccanismo dell'Universo intero.
Ha un modo tutto suo di recitare i versi del canto finale del Paradiso, Elio Germano. Estatico, sospeso, ma in fondo privo d'ogni retorica. Si avverte benissimo quanto il suo Dante, giunto alla conclusione dell'ideale suo cammino, sia sbigottito ed abbagliato di fronte alla visione dell'Altissimo Creatore. Germano non recita, ma rivela: i silenzi e le pause sopravanzano le parole, i respiri affannosi ben rendono quel senso di attonito stupore che il Poeta prova una volta messo di fronte all'Ineffabile.
La musica delle sfere celesti
Quegli stessi versi Germano li aveva già scanditi un anno fa, sempre a Ravenna, per aprirvi le celebrazioni dantesche. Ma era solo sul palco, di fronte al Presidente Mattarella, Questa volta ha costruito, con il sostanziale apporto delle musica e delle immagini, un vero e proprio spettacolo di una cinquantina di minuti.
Ma quella che il talento compositivo/esecutivo di Teho Teardo pone di fronte a noi non è solo, non è tanto una mera colonna sonora, quanto una vera e propria drammaturgia – tale viene giustamente definita nel programma di sala - benché composta di soli suoni. L'attivissimo musicista pordenonese propone infatti una serie di eteree composizioni che da un lato sostengono la parte verbale, dall'altro ricreano affascinanti atmosfere, che inevitabilmente richiamano nello spettatore l'idea delle musiche eteree prodotte dalle sfere celesti.
Usa medium elettronici, gestendo dal vivo tastiere e campionature con estrema abilità; ma anche qualche piccolo strumento acustico, avvalendosi inoltre dell'apporto della viola di Ambra Chiara Michelangeli e del violoncello di Laura Bisceglia. Strumenti dalle corde gravi, che sembrano evocare una sorta di ancestrale respiro.
Un susseguirsi di visioni ultraterrene
Il lato visivo, poi, poggia sulle compatte basi della regia - anch'essa a quattro mani – pensata da Simone Ferrari e Lulu Helbæk; e diremmo l'esperienza del primo quale show and creative director (ruolo che attualmente ricopre nel Cirque du Soleil) si avverte chiaramente nel senso di continuo stupore che lo spettacolo promana.
Né meno contano nel suo pieno successo le mobilissime video immagini ricreate sullo sfondo da Sergio Pappalettera e Marino Capitanio, il light design di Pasquale Mari ed il scene design di Matteo Oioli.