Classica
ELIO – NELLA VIENNA DI BEETHOVEN

In un teatro gremito di folla Elio incontra Salieri e canta per Beethoven

In un teatro gremito di folla Elio incontra Salieri e canta per Beethoven
© Claudio Sartorato

Fra le mura dell'antica Chiesa di San Gottardo. Di qui con un volo immaginario gli Incontri Asolani 2020 ci portano a Vienna, al Teatro di Porta Carinzia. Siamo a maggio 1824: il famoso impresario Barbaja, che vi mette in scena il meglio dell'opera italiana, si trova a Napoli per la stagione del San Carlo. Lo sostituisce il socio Luis Duport, alle prese con un'impresa fuori dell'ordinario: farvi eseguire l'ultima creazione di Beethoven, la Nona Sinfonia, con un'orchestra di inusitate dimensioni, un grande coro misto, quattro voci soliste.

E' in questo frenetico contesto che piomba per una inspiegabile magia il nostro protagonista, Elio, incontrando dapprima un solerte inserviente – la lingua non è un problema, tutti parlano un po' d'italiano, tutti impazzano per Rossini – che lo soccorre nell'inevitabile disorientamento spazio/temporale. Ma ecco re in carrozzino il vecchio ma ancor lucido Salieri, che discorre di sé e di Mozart, accompagnato dal giovane e timido Schubert; poi le celebri cantanti Henriette Sontag e Caroline Unger, poi il poeta Carpani, amico di Haydn, Rossini e Beethoven, pozzo di aneddoti. Ed infine eccolo di fronte a Beethoven stesso, che sta presiedendo alle prove – benché sordo come una campana – e che vedendo la sedia del basso vuota, gli mette in mano lo spartito di “O Freunde, nicht diese Töne!”. Elio non può che canticchiarlo, quel celebre attacco, ma per fortuna il legittimo esecutore arriva, e la musica fluisce come deve fluire.

Elio (foto Claudio Sartorato)

Due secoli fa, tra il Danubio ed il Prater

Nella Vienna di Beethoven è il titolo del grazioso spettacolo – un'ora e mezza che scivola purtroppo veloce - ideato per il XLII Festival di Musica da Camera di Asolo da Vincenzo De Vivo. Ha scritto lui l'intrigante testo narrato in prima persona da Elio – sì, Elio delle Storie Tese, interprete poliedrico e spiritoso – catapultandoci nei fermenti musicali della capitale viennese, a scoprire cose note e meno note. Come il fatto che il Genio di Bonn raccomandasse a Rossini di scrivere sempre e solo opere comiche; o che alla prima del Zauberflöte Mozart suonasse il glockenspiel e si divertisse a far scherzi a tutti.

La svelta narrazione è il naturale spunto per accostarsi alle musiche che si sentivano a Vienna in quegli anni, fossero le arcinote “Ein Mädchen oder Weibchen” di Papageno, oppure“Una voce poco fa” di Rosina. Ma anche il duetto “Perché mi guardi e piangi” da quella Zelmira rossiniana che incendiò Vienna, o l'aria “Leise, leise, fromme Weise” dal Freischütz di Weber. Se la presenza di due must del repertorio viennese come i lied “Standchen” e “Ave Maria” di Schubert parrebbe scontata, brillano di converso nelle scelte di De Vivo certe chicche, sopra tutto del Genio di Bonn di cui celebriamo quest'anno i 250 anni dalla nascita: le gaudenti 12 Variazioni op. 66 per piano e cello sull'aria di Papageno, la stupenda intonazione di “In questa tomba oscura” sui versi del Carpani, il tenero lied “Ecco quel fiero istante”, una lettura 'salottiera' di “O Freunde” dalla Nona, il gioioso quartetto – una piccola cantata sui generis – intitolato “Un lieto brindisi”. Brano peraltro perfettamente simmetrico all'ironica “La passeggiata” di Rossini, pur'essa per piano e quattro cantanti.

Il brindisi finale (foto Claudio Sartorato)

Quattro voci, un fortepiano, un violoncello

Tanti infatti sono gli interpreti – tutti in verde età, sono nati tra il 1988 e il 1994 provenienti dall'Accademia d'Arte Lirica di Osimo: la polacca Zuzanna Klemanska e la georgiana Nutsa Zakaidze, rispettivamente soprano e mezzosoprano; ed i nostri Daniele Adriani e Matteo Torcaso, uno tenore, l'altro basso. Si spartiscono equamente i brani solistici, cantano insieme con calore. Sono già addentro il mestiere, hanno buone qualità e mettono molto impegno e calore in ciò che fanno. 

Li accompagna al fortepiano, con buon tocco e fine sensibilità, Alessandro Benigni. Che è pure direttore d'orchestra, quindi vocalità e concertazione non hanno segreti per lui. La scelta dell'antico strumento, dalla sonorità pacata e morbida, è assai azzeccata anche cronologicamente. A fargli da spalla al violoncello, nelle 12 Variazioni, il talento emergente del diciassettenne romano Ettore Pagano, vincitore del Premio Salieri 2019 e del Premio Anna Kull 2020.

 

Visto il 09-09-2020
al Chiesa di San Gottardo di Asolo (TV)