Vuole essere un ironico ritratto di certo mondo d'oggi, questo Elisir d'amore. Il tema di fondo è l'onnipresenza di Internet, del marketing on line, delle realtà virtuali e delle dipendenze psicologiche d'ogni specie.
Vuole essere un ironico ritratto di certo mondo d'oggi, questo Elisir d'amore proposto dalla regia di Yamal Das Irmich per le stagioni liriche estive di Padova e Bassano del Grappa. E proprio in quest'ultima città l'abbiamo visto, fra le mura del Teatro al Castello intitolato all'indimenticabile Tito Gobbi.
Una visione della realtà d'oggi
Il tema di fondo è l'onnipresenza di Internet, del marketing on line, delle realtà virtuali e delle dipendenze psicologiche d'ogni specie. In particolare, dagli strumenti elettronici che ci circondano, e di cui siamo spesso schiavi. Non a caso per il regista varesino Adina ha l'apparenza di una influencer, titolare di un'associazione di recupero dal nome significativo – Placebo – affollata da smombies appesi a telefonino e tablet. Nemorino vi lavora come addetto alle pulizie, è un nerd bullizzato che dalla sua cameretta ordina il magico elisir tramite Amazon, od eBay. Dulcamara infatti, imbonitore dell'E-Commerce, propaganda il suo magico liquore in rete, e frotte di corrieri postali provvedono a recapitarlo agli estasiati acquirenti. E pure Belcore non è un vero sergente, bensì un fanatico wargame player che gira col visore e joystick in mano, ben più incline all'electronic entertainment che a metter su famiglia.
Anche troppa carne al fuoco
Idee alquanto azzardate sparse a piene mani, che possono fare effetto ed intrigare, ma anche sconcertare – a Bassano però il pubblico ha applaudito senza battere ciglio - ma che a noi sembrano nell'insieme forzare il gioco; e che comunque portano assai lontano dal clima di agreste poesia e dal tono di elegiaco languore che dovrebbero aleggiare nella deliziosa partitura di Donizetti. Di contro, la scenografia di Matteo Paoletti è ai minimi termini: un lungo sipario di perline chiude il palco, celando dietro l'orchestra; una cameretta minuscola per Nemorino, ed un candido bancone da reception per l'Associazione AdinaRisponde. Entrano ed escono di continuo su rotelle; ed i costumi, va da sé, sono più o meno attualissimi.
La musica, perlomeno, funziona ed avvince senza imbarazzi. La direzione del giovane Nicola Simoni riesce colorita nei timbri, lieve nei pesi, fluida nell'abbandono al melodiare, frizzante e vitale. Grazie anche alla buona prestazione dell'Orchestra di Padova e del Veneto con la quale c'è buona sintonia. Pure il lavoro dei cantanti appare ben sostenuto, anche se qualche tempo direi sia preso con un certo comodo.
Un cast ben disposto
Arrivata a sostituire l'indisposta Elbenita Kajtazi, Jessica Nuccio consegna una musicalissima Adina: fluida nel fraseggio, intensa nell'accento, dalla liquida trasparenza. Maliziosa e capricciosa come all'inizio il personaggio chiede, sa essere dolce e tenera nel cedimento amoroso. Giordano Lucà possiede un timbro assai bello e luminoso, sostenuto da una comunicativa incisività; e lo stile riesce elegante e rifinito.
Il suo Nemorino scansa ogni stucchevolezza, e non sfigura accanto ad altri magari più blasonati. Filippo Polinelli piace un mondo: strepitoso attore in scena, il suo Dulcamara è un arguto e sardonico cacciaballe, forte di un suono pieno e corposo, irruente vitalità, finezza di fraseggio, un agile sillabato. Leonardo Lee, baritono coreano vincitore dell'ultimo Concorso Corradetti, vocalmente cadrebbe a piombo nei panni di Belcore: salda colonna di fiato e lucidi acuti nell'aria d'entrata ci sono tutti. Ma nel concretizzarlo in scena, tuttavia, risulta legnosetto e poco rifinito, né sa risaltarne fino in fondo l'ingenua e spavalda prosopopea. Giannetta è la brava Silvia Celadin. Il Coro Lirico Veneto, preparato da Stefano Lovato, assolve bene al suo compito.