Lirica
ELISIR D'AMORE

Un presepe per Donizetti

Un presepe per Donizetti

Con L’elisir d’amore ottobrino si conclude la rassegna “San Carlo Opera Festival”, breve ciclo fuori abbonamento che ha attirato un pubblico numeroso e vario con titoli di grande richiamo (Cavalleria rusticana, Madama Butterfly e il balletto Zorba il greco, tutti andati in scena tra luglio e agosto) proposti a prezzi decisamente invitanti.

L’allestimento napoletano del capolavoro di Donizetti, rappresentato per la prima volta nel 1832 alla Cannobiana di Milano e subito accolto da un successo strepitoso, si attiene a un gusto convenzionale. L’unica ambientazione scenografica è una piazza con praticabili di dichiarata ispirazione presepiale, che risucchia e annulla la differenziazione di contesti richiesta dal libretto di Felice Romani (la campagna con l’ingresso della fattoria, il centro del villaggio con l’Osteria della Pernice, l’interno del casale, il cortile rustico). A mutare è soltanto il fondale, che nel primo atto raffigura un cielo diurno dai colori accesissimi e nel secondo evoca una marina dai riflessi lunari. Alla tradizione del presepe sembrano ispirati anche gli abiti disegnati da Artemio Cabassi, caratterizzati da un’allegria un po’ generica e privi di una specifica capacità di connotazione. La regia di Riccardo Canessa, che non manca di buone intuizioni, indulge in più punti all’ammicco e sortisce talvolta esiti macchiettistici (la citazione dei movimenti da marionetta di Totò all’inizio del secondo atto, ad esempio, appare fuori contesto e del tutto gratuita). L’ambientazione dell’azione in una cornice partenopea di sapore settecentesco non convince fino in fondo e, soprattutto, non sembra adatta a esaltare la vivacità e la vitalità della partitura.

Quest’ultima trova in Giuseppe Finzi un interprete accorto, capace di guidare con sicurezza e precisione la compagine strumentale e il coro (addestrato da Rino Caputo) del Teatro di San Carlo. La bacchetta del maestro molfettese, tuttavia, non va esente da una certa meccanicità che a tratti rischia di mettere in ombra gli indugi, le sfumature e le intermittenze della scrittura donizettiana.

Buona risulta la prova del cast vocale, a cominciare dalla coppia dei protagonisti. Olga Peretyatko sfoggia una grande agilità e una fine sensibilità interpretativa; le impervie colorature di Adina vengono affrontate dal soprano russo con un’ammirevole facilità, che però a tratti sembra sconfinare in una sorta di algida svogliatezza. Bel timbro e buon volume caratterizzano il Nemorino di Giorgio Berrugi, che ottiene un caloroso (e meritato) applauso nella pagina più attesa dell’opera, “Una furtiva lagrima”. Mario Cassi nei panni di Belcore fa dimenticare grazie all’istrionismo e alla presenza scenica qualche incertezza nella prestazione vocale. Il Dulcamara di Nicola Alaimo, reinventato in chiave esotica dal regista e dal costumista, è apprezzabile sia nel canto che nella recitazione. Marilena Laurenza interpreta con bravura e con gusto il ruolo di Giannetta.

Visto il 12-10-2014
al San Carlo di Napoli (NA)