Else, la rivincita
La scena si allunga sulla platea, scavalcando il palcoscenico con una soluzione pensata in situ, formando una passerella quasi nella platea, costeggiata di calici che sembrano contenere immaginari cocktails.
La ex diciannovenne signorina Else appare alquanto frivola, reminiscente di antichi fasti gaudenti, o quantomeno passeggere vanità. Si direbbe quasi la sua rivincita, la rivincita di Else sulla signorina immersa nell'ipocrita società borghese coeva, ma appunto l'idea della trasposizione dell'eroina di Schnitzler al giorno d'oggi, operata da questa nuova produzione della Compagnia La luna nel letto di Ruvo, è quella di un'insita attualità del tema, fra debiti e crisi culturale che pongono Else in un tempo dunque incerto, sebbene questa posizione potrebbe risultare scenicamente non sempre esplicitata, ed è una circostanza che contribuisce all'impatto con un senso del tempo sospeso.
L'"orgogliosa, aristocratica, mendicante" Else indossa una vestaglia di ciniglia nera, sotto un lampadario ottocentesco e davanti ad un grande specchio nobile ma deformante, ripercorrendo con la memoria il ricordo del signor von Dorsday, laido amico di famiglia cui si rivolge per salvare suo padre, colpevole di indebita sottrazione di denaro pupillare per una somma di 30.000 fiorini, trovando come condizione imposta quella di mostrarsi nuda ai suoi occhi.
Trasfigurazioni
I cocktails che ingerisce in maniera sempre più ossessiva si rivelano per quel che sono: il famigerato Veronal che non sopisce, ma piuttosto contribuisce all'effetto dell'intero moto che Else sta per portare a volte al parossismo, altre alla lucida interiorizzazione: il moto è quel flusso di pensiero tradotto in monologo interiore che fece dire a Freud, di Schnitzler, che impersonificava il suo doppio, chiedendosi anche come avesse fatto a comprendere cose che a lui erano costate anni di indagini sul campo.
Tutto questo si rivela in scena grazie ad una prova attoriale non semplice, in un monologo tracimante di discese ardite nell'Io. Ed è proprio nel fulcro dei significati che ci aveva regalato Schnitzler, che Nunzia Antonino propone l'aspetto più interessante del lavoro, quando sceglie di affrontare questa solida base di segni facendosi attraversare da flussi di coscienza in maniera tale da non esserne dominata, ma padroneggiandoli tutti, con la voce e con il corpo. Una scelta niente affatto scontata, ed offerta con precisione e costante presenza.
"Und morgen wird die Sonne wieder scheinen..."
Una nota a parte merita l'ambientazione di Carlo Bruni, che ha provveduto a sottolineare con spunti musicali alcuni momenti topici, ma in particolare per l'associazione con gli accordi di tensione e le arditezze armoniche che contraddistinguono il romanticismo, nella citazione particolare del pianissimo che introduce due volte (e soprattutto circuisce il finale) il lied Morgen! di Richard Strauss, nella versione di Jessye Norman.