Un’orchestrina che propone soavi intermezzi musicali; un manichino, con in testa il borsalino, seduto ad un tavolo (ed il manichino è anche protagonista di uno dei racconti). Con orchestra e manichino c’è il protagonista, Massimiliano Graziuso. Il suo spettacolo “Equivoci”, ha vinto il “Festival del Teatro Visibile” ed il premio consisteva nell’esibirsi in un teatro importante, come è il Teatro Italia, per dare visibilità all’attività “underground”.
Il personaggio di Graziuso ci ricorda tanto quello del “Signor G” di gaberiana memoria. La comicità certo è diversa ma pur così vicina nei contenuti e nelle tematiche a quelle di Gaber dell’incomunicabilità, dell’oppressione, del mal di vivere…
Questa pièce dovrebbe far ridere (e divertente lo è indubbiamente); ma come spettatore ti prende un’angoscia, una tristezza profonda.
Graziuso calza perfettamente il ruolo dell’uomo qualunque alle prese con gli “equivoci” del quotidiano. E allora fa riflettere - più che ridere – questo suo vivere nonsense in un mondo così “reale” (e il set più divertente, ed angosciante allo stesso tempo, è quello in cui racconta il ritrovamento della vecchia vespa rubata anni prima e l’impatto con la mala-burocrazia che è così veritiero…).
Si porta in scena un uomo solitario, disperato, pavido, stressato, qualunquista, piegato dalle vicissitudini, senza dignità, buono fino all’essere stupido… non sa amare, non sa comunicare, non sa tutelarsi. Nei vari racconti alterna i dialetti, come a significare che non è un problema di territori, di culture, ma di prospettive.
Certo la narrazione punta sul paradosso, sull’esagerazione, eppure dietro tutte le storie raccontate c’è, anche se accentuata, la realtà, la verità, l’incomunicabilità. E il sorriso si congela sulle labbra.
Teatro Italia 24 maggio 2009
Visto il
al
Italia
di Roma
(RM)