ESODO - La Recensione. Esodo è l’eloquente titolo dello spettacolo di Simone Cristicchi, che si propone di riesumare funeste vicende passate, eppure ancora e sempre contemporanee. Una verità ancora oggi scomoda e difficile da accettare.
Proprio nelle settimane che ruotano attorno a quel 10 febbraio (anno 1947), giornata dei trattati di pace in cui l’Italia come indennizzo di guerra cedette l’Istria e la Dalmazia alla Jugoslavia di Tito, Simone Cristicchi girovaga per l’Italia portando sulla bocca il canto di tutti gli esiliati giuliano-dalmati, nonché delle vittime delle foibe.
Esodo, difatti, è l’eloquente titolo dello spettacolo prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e Corvino Produzioni, che si propone di riesumare funeste vicende passate, eppure ancora e sempre contemporanee. Una verità ancora oggi scomoda e difficile da accettare. L’esodo dei 350 mila italiani costretti a lasciare la propria casa e la propria terra, in cerca di rifugio altrove.
Generi e fonti storiche
Lo spettacolo si compone di numerosi generi, tra i quali la canzone (popolare e d’autore) in cui Cristicchi si cimenta con la chitarra in mano e il racconto in prima persona, a volte attuato con l’ausilio di video. Si tratta quindi di uno spettacolo teatrale a suo modo peculiare, emblematico della poliedrica personalità dell’artista.
Uno dei punti di forza è senz’altro l’aderenza storica a ciò che è avvenuto, anche se troppo spesso bistrattato o ignorato. A ciò che la gente si è trovata a vivere, in quegli anni interminabili – dal 1943 al 1956 – fatti di esili obbligati e violenze sbirciate per caso, e tenute celate.
Come per la storia di Norma Cossetto, studentessa di Lettere prossima alla laurea, che viveva in un paese dell’Istria, Visinada; fu torturata e seviziata da partigiani jugoslavi e poi gettata in una foiba. Le foibe, queste cavità carsiche a forma d’imbuto rovesciato che tappezzano l’Istria, rendono quest’area una gigantesca groviera; se ne contano, difatti, oltre mille. Appartenute – apprende lo spettatore – anche alla tradizione e al folclore delle favole per bambini, le foibe divengono, a partire dal ’43, abissi infernali, nei quali risulta facile sbarazzarsi, senza alcuno scrupolo, di gente comune, colpevole solo d’essere italiana.
Un dramma di tutti
Diversi sono gli episodi su cui l’artista sceglie di porre attenzione. Tutti accomunati dal loro essere attuali in modo stridente. Ciò che emerge dallo spettacolo Esodoè, invero, quello che in maniera più o meno sotterranea e angosciante ci lega tutti: la precarietà e la fragilità della vita umana. Rievocazioni di corpi polverizzati da mine, di pistole che, con un semplicissimo bang, annichiliscono in un istante tutto il nostro mondo interiore – pensieri, aspettative, speranze – smuovono necessariamente chi sta ad ascoltare. E così, la tragedia condivisa di sogni fatti a brani e slanci di vita amputati, si trasmuta nell’occasione di addentrarsi, ancora una volta, in quell’inesausto e, in linea di principio, interminabile interrogarsi irrequieto, che investe ciascuno di noi in quanto esseri umani.