(...) Le utopie consentono le favole e i discorsi: si collocano nel rettifilo del linguaggio, nella dimensione fondamentale della fabula; le eterotopie (...)inaridiscono il discorso, bloccano le parole su se stesse, contestano, fin dalla sua radice, ogni possibilità di grammatica, dipanano i miti e rendono sterile il lirismo delle frasi »
I costumi, scaturiti dal genio creativo di Tiziana Tassinari, grazie a degli accorgimenti tecnici di una semplice eleganza sono personaggi, dei quali portano i segni dell'anatomia (non sempre umanoide): uno addirittura può cambiare dimensioni anatomiche della performer che lo indossa (ma sarebbe più preciso dire che lo manovra dall'interno): quando l''attrice si accovaccia il costume/personaggio diminuisce vistosamente in
statura come se sotto ci fosse una botola, per poi allungarsi in altezza fin oltre i due metri.
(Michel Focault Le parole e le cose. Un'archeologia delle scienze umane Milano, Rizzoli 1963 pp. 7-8)
Due presenze (ne sentiamo la voce prima ancora di vederle in carne ed ossa) esplorano lo spazio che le circonda. Uno spazio altro che, nella contingenza, è quello di un teatro.
Una sorta di resto animale (teschio? testa?), subito al di fuori di una quinta, attrae la loro curiosità snidandone due propaggini che estrudono sulla scena, cercando di vincere una innata cautela per toccare il resto animale invece di tornare dietro le quinte al primo segno di pericolo, .
Senza ancora vederle apparire, dagli scarni dialoghi che ascoltiamo, capiamo che le due presenze sono in missione esplorativa su un pianeta, attanagliato da un sole che lo tempesta di polvere, popolato da una serie di voci, che sentiamo (registrate su nastro) prima come corale presenza, poi sotto forma di monologhi in una lingua incomprensibile ma dall'idioma riconoscibile nelle flessioni e nelle articolazioni delle parole e delle frasi inventate.
Intanto che le due presenze decidono la strategia da seguire (registrare le voci, come è loro compito, e farne rapporto, o esplorare la superficie del pianeta? Chi è di turno e decide ?) dalle quinte emergono due sagome nere, dal corpo grosso e indistinto, una piccola testa improbabilmente posizionata altrove e due protuberanze che ricordano degli arti, che si animano, si immobilizzano, si muovono ancora.
Altre presenze si materializzano dal buio vuoto del teatro, un po' personaggi un po' maschere, offrendosi al nostro sguardo grazie alle luci: ora le due esploratrici ora le voci che vogliono attecchire come personaggi.
In poco più di mezzora Eterotopia di Giulio Perri trasporta in uno spazio altro il suo pubblico che può fare così un'altra esperienza di sé entrando negli interstizi di un testo, sfilacciato e pieno di iati, la cui cornice
narrativa allude a un altrove che non ci sarà mai davvero consegnato, mentre gli apparati del teatro, il palcoscenico, le luci, i costumi e le due attrici, diventano i veri personaggi della drammaturgia.
Intanto che le due presenze decidono la strategia da seguire (registrare le voci, come è loro compito, e farne rapporto, o esplorare la superficie del pianeta? Chi è di turno e decide ?) dalle quinte emergono due sagome nere, dal corpo grosso e indistinto, una piccola testa improbabilmente posizionata altrove e due protuberanze che ricordano degli arti, che si animano, si immobilizzano, si muovono ancora.
Altre presenze si materializzano dal buio vuoto del teatro, un po' personaggi un po' maschere, offrendosi al nostro sguardo grazie alle luci: ora le due esploratrici ora le voci che vogliono attecchire come personaggi.
In poco più di mezzora Eterotopia di Giulio Perri trasporta in uno spazio altro il suo pubblico che può fare così un'altra esperienza di sé entrando negli interstizi di un testo, sfilacciato e pieno di iati, la cui cornice
narrativa allude a un altrove che non ci sarà mai davvero consegnato, mentre gli apparati del teatro, il palcoscenico, le luci, i costumi e le due attrici, diventano i veri personaggi della drammaturgia.
I costumi, scaturiti dal genio creativo di Tiziana Tassinari, grazie a degli accorgimenti tecnici di una semplice eleganza sono personaggi, dei quali portano i segni dell'anatomia (non sempre umanoide): uno addirittura può cambiare dimensioni anatomiche della performer che lo indossa (ma sarebbe più preciso dire che lo manovra dall'interno): quando l''attrice si accovaccia il costume/personaggio diminuisce vistosamente in
statura come se sotto ci fosse una botola, per poi allungarsi in altezza fin oltre i due metri.
Eterotopia sa fondere nel qui e ora dello spettacolo che va in scena diversi piani narrativi, diversi contesti, diverse possibili letture, suggestioni e allusioni del teatro: dalla letteratura teatrale (con le scarne ma chiare citazioni da Shakespeare a Beckett) incapace di registrare lo spettacolo che stiamo vedendo, dato che lo sviluppo narrativo non è basato sulla parola ma sull'azione scenica, alla capacità evocativa dello spazio scenico che dal nulla di una luce o da un costume costruisce una situazione, restituisce un'atmosfera, induce un sentimento, suggerisce una idea.
A Giulio Perri più che la storia interessa la possibilità del racconto, e si concentra sugli strumenti del raccontare non linguistici, bloccati e vanificati dall'eterotopia, ma scenici, dove anche le due attrici, sottratte al ruolo di interpreti partecipano allo spettacolo come (s)oggetti scenici a loro volta ricordandoci e (di)mostrandoci che il testo è lo spettacolo e non le parole di cui è fatto.
Perri compie così un capolavoro di sottrazione e mise en abyme degli strumenti del teatro che, mentre agiscono come spontanei latori di un altrove narrativo, si presentano al pubblico per quello che sono: degli apparati eterotopici (cioè, secondo Focault che ha coniato il termine, un altrove ben localizzato che giustappone diversi spazi all’interno dello stesso luogo reale), mostrati nella squisita ambivalenza tra il loro fare un altrove alluso e i loro essere sulla scena qui e ora.
A Giulio Perri più che la storia interessa la possibilità del racconto, e si concentra sugli strumenti del raccontare non linguistici, bloccati e vanificati dall'eterotopia, ma scenici, dove anche le due attrici, sottratte al ruolo di interpreti partecipano allo spettacolo come (s)oggetti scenici a loro volta ricordandoci e (di)mostrandoci che il testo è lo spettacolo e non le parole di cui è fatto.
Perri compie così un capolavoro di sottrazione e mise en abyme degli strumenti del teatro che, mentre agiscono come spontanei latori di un altrove narrativo, si presentano al pubblico per quello che sono: degli apparati eterotopici (cioè, secondo Focault che ha coniato il termine, un altrove ben localizzato che giustappone diversi spazi all’interno dello stesso luogo reale), mostrati nella squisita ambivalenza tra il loro fare un altrove alluso e i loro essere sulla scena qui e ora.
Che si tratti del monologo testimoniale di una bambina bionda invecchiata e aliena (possiede una terza gamba, che accavalla con le altre) che ci racconta del momento in cui l'evento è successo, lasciando
tutti e tutte senza più niente da fare, o di antiche dee numinose, presenze arcaiche e arcane, eppure umili e umanissime nella loro alterità, il testo non soddisfa mai fino in fondo la curiosità che istilla in noi spettatrici e spettatori, rimanendo di una reticenza che affascina, alludendo a una catastrofe che potrebbe essere benissimo quella nostra ecologica, culturale o morale, ponendo il pubblico di fronte una umanità sopravvissuta a se stessa in una apocalisse portatile e tascabile.
tutti e tutte senza più niente da fare, o di antiche dee numinose, presenze arcaiche e arcane, eppure umili e umanissime nella loro alterità, il testo non soddisfa mai fino in fondo la curiosità che istilla in noi spettatrici e spettatori, rimanendo di una reticenza che affascina, alludendo a una catastrofe che potrebbe essere benissimo quella nostra ecologica, culturale o morale, ponendo il pubblico di fronte una umanità sopravvissuta a se stessa in una apocalisse portatile e tascabile.
Timide e fin troppo modeste Alessandra Cinelli e Antonella Rebecchi, le due brave interpreti, escono tropo poco per prendersi i meritatissimi applausi.
Gli stessi che rivolgiamo a teatrocassandra di cui Perri e Tassinari sono il cuore e il motore che ha prodotto, nell'ambito di un laboratorio teatrale, questo piccolo (per la durata) gioiello, uno degli spettacoli più interessanti di questo fine stagione romano.
Gli stessi che rivolgiamo a teatrocassandra di cui Perri e Tassinari sono il cuore e il motore che ha prodotto, nell'ambito di un laboratorio teatrale, questo piccolo (per la durata) gioiello, uno degli spettacoli più interessanti di questo fine stagione romano.
Visto il
31-05-2013
al
Casa delle Culture
di Roma
(RM)