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EVA CONTRO EVA

Eva contro eva

Eva contro eva

Dal copione del celeberrimo film con Bette Davis, Eva contro Eva porta in teatro la celebre storia dell’attrice emergente che raggira e offusca la stella sul viale del tramonto, metafora di un conflitto più generale - donna contro donna – sullo sfavillante sfondo della New York degli anni ’50.

Il rapporto della pièce con il film è dichiarato: del resto, il precedente è talmente celebre che sarebbe stato impossibile non stabilire una modalità di relazione chiara. Più facile e utile invece sfruttare la conoscenza della trama per stabilire un legame che non consista solamente nella citazione o nella celebrazione.

La messinscena ha una dimensione cinematografica intanto nel passo recitativo; il film come oggetto viene citato direttamente con la proiezione di spezzoni cui si sovrappongono le voci degli attori fuori scena.

Oppure, la proiezione di immagini viene utilizzata a fini drammaturgici: quando Eva raggiunge il successo, viene riproposta la classica sequenza dei rotocalchi che si sovrappongono a segnalare il passare del tempo, secondo un famoso cliché del racconto filmico, a colmare così una parte della narrazione.

Pamela Villoresi come in ogni sua interpretazione raggiunge e coniuga con le necessità drammaturgiche un grado di verità che le appartiene; ed è un mix assolutamente personale e imprevedibile, riuscire a servire la storia con intensità e al tempo stesso mantenere una linea autentica di rapporto con il pubblico, uno scambio di reciproca verità che non esclude l’autoreferenziale ma che lo riversa all'interno della sua funzione nella pièce.

Una nota particolare meritano costumi e scenografie. I primi seguono puntualmente, ma senza prevedibilità l'ascesa della star e la discesa dell'attrice matura, creando un'esperienza estetica realmente godibile, per chi apprezza questo tipo di esperienza in teatro.

Le scene mobili rendono sontuosa la messinscena, che prevede tre ambienti distinti, uno dei quali comprende un pianoforte: nel passaggio da un ambiente all'altro, si svela la spettacolarità della macchina scenografica - spettacolarità del movimento ma anche delle dimensioni.

Questo, ad un altro livello di lettura, consente una maggiore verosimiglianza degli ambienti, una riproduzione più fedele del contesto della New York degli anni '50. Questo elemento a sua volta contribuisce alla dimensione cinematografica (e quindi accuratamente naturalistica: ma del resto Stanislavskij viene citato all'interno del lavoro). La cura nel riprodurre la corretta ambientazione è insomma chiara, accurata e visibile.

Visto il 24-11-2013
al Duse di Bologna (BO)