EVA.

Da sola in scena, seduta su d…

Da sola in scena, seduta su d…
Da sola in scena, seduta su di una sedia-albero, mentre la sua voce registrata, creando un doppio, racconta del suo venire al mondo, diventare coscienza (Un giorno è successo che io c’ero. Non so cosa ci fosse prima, ma so che non c’ero) Aurora Kellerman è Eva, la prima donna del genere umano. Eva del quale, oltre a esserne l'interprete, Aurora firma testo e regia, colpisce per la precisione dell'interprete, il doppio registro vocale impiegato, uno alto, svagato, quasi da bambina ignara, l'altro profondo, da donna consapevole, ammantata di un serpente che porta come una sciarpa. Colpisce anche lettura disinvolta, ma attuale e profonda, che propone allo spettatore (alla spettatrice) di uno dei miti fondativi della cultura occidentale (cattolica) quella prima donna tanto vessata (anche nelle parolacce che durante lo spettacolo Eva stessa irride) quanto considerata come simbolo dell'incoscienza e dell'imbecillità (è facile per il serpente irretire Eva perchè donna). Aurora riparte dalle origini del mito capovolgendone il significato e mostrando (denunciando) l'operazione di mistificazione che il mito attua, celando quella verità che la sua Eva afferma sfrontatamente con un atto di autoproclamazione liberatorio e candido: Io sono paradiso terrestre, io sono l'albero e la mela. Resistendo alla facile lettura, sempre maschilista, della donna femmina generatrice, Aurora Kellerman allestisce un racconto dove Eva è sola col serpente, dove dio è pura assenza, motore primo intangibile e invisibile, e dove Adamo non c'è perchè inutile al racconto. Di Adamo serve solo la costola da cui, vuole il mito, Eva è stata generata. E' lei il motore dell mito, è lei a essere necessaria (come è necessario Giuda nella morte e resurrezione di Cristo), a prendere la decisione di mangiare la mela e non per ignoranza. Al contrario Eva è consapevole non soltanto di sé, ma anche del mondo che la circonda tanto che le viene subito alla mente il nome di ogni cosa che incontra (in sintonia con un'altra Eva quella del diario omonimo di Mark Twain). Eva non è creatrice femmina ma è logos è discorso, nomina le cose e, nominandole, le può manipolare perchè le conosce. Il motivo per cui decide di non obbedire al divieto di nutrirsi dell'albero della conoscenza del bene e del male è quella sete di conoscenza, tutt'altro che svampita e sciocca, dell'essere umano maschio e femmina, uomo e donna. Meglio, donna e femmina, perchè il maschile è un incidente di percorso... Eva sa che se l'albero è lì è perchè lei se ne cibi, per acquisire la conoscenza del bene e del male, con la quale comprende la verità ultima: il paradiso terrestre è fallace, un'illusione, perchè non esiste mondo senza conoscenza ma se si ha la conoscenza non c'è paradiso, perchè il male e il bene sono connaturati e consequenziali. La perdita del paradiso è dunque l'acceso pieno a quella co(no)sc(i)enza che Eva ha dal momento in cui inizia ad esistere. Altro che perdita dell'innocenza e della felicità, la perdita (e non la cacciata) del paradiso terrestre è il primo passo verso una vita adulta e consapevole. Un lavoro splendido, una interprete in stato di grazia, per uno spettacolo che tutti dovrebbero vedere gli uomini per ricordare qual è il loro posto nel mondo e le donne per riappropriarsi di quel primato culturale etico artistico che per troppo tempo è stato loro usurpato da chi temendone la potenza le ha dipinte come inferiori. Aurora Kellerman ripristina la verità con uno spettacolo che è al contempo un manifesto politico e un atto d'amore nei confronti del Teatro. Roma, Teatro l'Orangerie, 7 e 8 Aprile 2009
Visto il
al Orangerie di Roma (RM)